Giovanni Spadolini, lo Stato d'Israele, l'ebraismo

Redazione

Raccolta di interventi e articoli su Giovanni Spadolini a cura di Valentino Baldacci.

Il rapporto con lo Stato d’Israele e– col tempo – con l’ebraismo è stato un aspetto centrale dell’attività e della riflessione di Giovanni Spadolini. La sua particolare attenzione per il Medio Oriente inizia con la crisi di Suez del 1956. Da quella vicenda e da altre successive Spadolini trasse materia per una riflessione più generale sul nazionalismo arabo:
«Il così detto moto arabo, nelle forme in cui si è finora espresso, non ha nessuna rassomiglianza con i movimenti verso l’indipendenza nazionale, non diciamo dell’Europa del secolo scorso, ma degli stessi popoli ex-coloniali che nel corso degli ultimi decenni sono usciti di tutela. Forte è invece la rassomiglianza con i movimenti totalitari del primo dopoguerra, e più precisamente degli anni ’30-’40: la concezione della lotta di classe trasferita sul piano delle relazioni internazionali; la tecnica del “colpo di stato”; l’istigazione sistematica all’odio contro le nazioni più libere e più progredite, dipinte alle folle inconsapevoli come l’unica causa dei propri mali e della propria miseria; il culto mistico del “capo” e della “razza”; l’istinto dell’avventura che fa smarrire ogni senso del limite, sono tutti elementi che documentano che ci troviamo dinanzi a una forma di ideologia totalitaria, lontana dalle origini democratiche e mazziniane dell’antico indipendentismo arabo».

Una risposta inquietante, “Il Resto del Carlino”, 17/8/1958

 

La guerra dei Sei giorni del giugno 1967 ha rappresentato uno spartiacque non solo nella storia del Medio Oriente ma nel formarsi degli schieramenti politici italiani in rapporto alla questione israelo-palestinese. Su questo punto Spadolini fu molto chiaro:
«Forse, dai giorni delle aggressioni naziste del ‘38 e del ‘39, non si era mai ripetuto uno schieramento così chiaro e, vorremmo aggiungere, così implacabilmente contrapposto. Da un lato i fautori delle soluzioni tipo Monaco, dei negoziati spinti oltre il limite di sicurezza; dall’altro i difensori schietti e intrepidi della pace, sempre inseparabile dalla libertà. Da un lato tutti coloro che giustificavano, o scusavano, o anche soltanto tolleravano Nasser; dall’altro tutti coloro che giudicavano il nasserismo una riedizione, fra macabra e grottesca, dello hitlerismo e rifiutavano di assumere qualunque atteggiamento di comprensione o anche soltanto di moderazione rispetto a fatti tali da investire le radici stesse della vita e della civiltà moderna, tali da chiamare in causa i principi immortali della umanità e della libertà».

Dalla parte giusta, “Il Resto del Carlino”, 10/6/1967

 

Nel 1975 l’Assemblea dell’ONU condannò il sionismo come una forma di razzismo, condanna poi ritirata nel 1991. Spadolini insorse, rivendicando anche il legame fra il Risorgimento italiano e il sionismo:
«Il sionismo sta al risorgimento nazionale ebraico così come il mazzinianesimo sta al risorgimento nazionale italiano. Herzl si formò in larghissima parte sul pensiero di Mazzini, e tutta la corrente sionista operante nell’ultimo ventennio dell’Ottocento si ispirò ai principi dell’autonomia nazionale nella linea di una visione religiosa della democrazia… E’ una vergogna che possa essere bollato come “razzista” il messaggio di liberazione nazional-popolare di Teodoro Herzl, settant’anni dopo la morte del profeta dello Stato ebraico e trenta o quaranta dopo le autentiche ignominie del razzismo antisemita culminate nelle camere a gas hitleriane. Il sionismo nacque come “no” al razzismo».

Il sionismo, “La Stampa”, 23/10/1975

 

Le campagne antisioniste condotte anche in Europa contribuirono alla diffusione di uno spirito antisemita che ebbe conseguenze anche in Italia, con l’attacco armato – il 9 ottobre 1982 - alla Sinagoga di Roma che portò – oltre al ferimento di numerose persone – alla morte di un bambino di soli due anni. Spadolini – ormai divenuto Presidente del Consiglio - fu l’unico uomo politico italiano ammesso dalla Comunità ebraica romana – insieme al presidente della Repubblica Pertini – ai funerali del piccolo Stefano Taché:
«Il sangue sparso davanti alla Sinagoga di Roma viene da lontano. Lontane sono le cause dell’odio antisemita, dell’ostilità secolare contro un popolo e una cultura da sempre protagonista di grandi tragedie collettive: dai pogrom ai campi di sterminio. Al fondo c’è l’oscura tentazione dell‘intolleranza, dell’odio razzista verso chi è avvertito come “diverso”. La storia dell’ebraismo è contrassegnata, pagina dopo pagina, da una lotta senza fine contro la minaccia di annientamento. Ecco perché la cultura ebraica è cultura di tolleranza. I principi di tolleranza contro i cupi richiami della sopraffazione, secondo una vicenda umana e politica che ha solcato i secoli, e di cui le ultime pagine non sono ancora state scritte, come dimostra l’atroce assalto di Roma. Un assalto che ne segue altri analoghi. A Parigi, Bruxelles, Anversa, Vienna».

Il veleno e la ragione, “La Voce Repubblicana”, 11-12 ottobre 1982

 

L’episodio della strage del campo profughi palestinese di Sabra e Chatila in Libano – nel quale l’esercito israeliano non ebbe una responsabilità diretta ma fu ritenuto colpevole di inerzia da una commissione d’inchiesta formata dallo stesso governo israeliano - fornì a Spadolini l’occasione per un’ulteriore riflessione sulla democrazia israeliana:
«Debbo dire che il coraggio e la chiarezza con cui la commissione d’inchiesta promossa dal governo israeliano ha indicato le responsabilità dirette e indirette dell’eccidio, senza sotterfugi e senza ammiccamenti, senza coperte di nessun tipo, indica al di fuori di ogni dubbio che Israele ha saputo fare i conti con una pagina oscura della propria storia: come forse un altro paese non avrebbe saputo».

Israele e la causa laica della libertà, “La Voce Repubblicana”, 13-14 maggio 1983

 

Divenuto ministro della Difesa nel governo Craxi, Spadolini fu al centro dell’episodio del dirottamento della motonave “Achille Lauro”, del conseguente incidente di Sigonella e dello scontro con il capo del Governo, a proposito della discussa liberazione del capo del commando terrorista Abu Abbas:
«Testimonianza ed estradizione. Sono due questioni del tutto diverse. Quanto all’estradizione, non mi sono mai dichiarato né contro né a favore. Ho solo ritenuto che fosse giusto, anzi obbligatorio, consentire alla magistratura inquirente italiana di assolvere ai suoi compiti, almeno in questi limiti… Quello che ci importava e che ci importa è che non venisse steso sull’Italia il sospetto dl essersi comportati nell’occasione come obiettivi favoreggiatori di un presunto capo terrorista».

Spadolini: non sono un falco, “La Stampa”, 22/10/1985

 

Col tempo Spadolini mostrò una crescente vicinanza all’ebraismo, una vicinanza che dal campo della politica si trasferiva in quello della cultura. Unico non ebreo, Spadolini fu invitato al Congresso Mondiale Ebraico a Gerusalemme dove il 28 gennaio 1986 pronunciò un discorso dove tornava sui valori etici e politici dell’ebraismo:
«L’ebraismo esprime un complesso di valori universali, che vanno oltre i confini dello Stato di Israele, che preesistono ad esso. Nella vitalità perenne di tali valori, vanno ricercate le ragioni che fanno della cultura ebraica una pianta dalle radici così profonde, capace di tramandare se stessa nelle condizioni più avverse, di superare gli ostacoli più drammatici salvaguardando la propria permanente identità. Tali valori si identificano nella causa della tolleranza, del dubbio, contro ogni idolatria. In un mondo ancor oggi così paralizzato da idoli che pretendono disumani sacrifici, il rifiuto di accettare le tavole delle certezze prefabbricate costituisce il solido anello di congiunzione fra pensiero ebraico e pensiero moderno, cioè pensiero laico. Ecco perché la civiltà ebraica, quando è venuta a contatto con la civiltà europea, ha saputo alimentare una straordinaria fioritura culturale, nel campo del pensiero, delle arti, delle scienze. Ecco il debito più grande che il mondo moderno ha contratto nei riguardi della cultura ebraica. E qui - in tale fusione culturale - è anche la reale garanzia contro il riemergere dei veleni del razzismo e dell’antisemitismo: che non sono ancora stati del tutto rimossi dal fondo di certe coscienze, nemmeno in Europa».

Gli ebrei, l’Occidente, la tolleranza: un appello alla pace fra arabi e israeliani, un appello per gli ebrei dell’Unione sovietica, “Nuova Antologia”, fasc. 2157, gennaio-marzo 1986, pp. 375-381

 

La sua fama di studioso ma anche di amico di Israele si diffuse in tutto il mondo. Dopo la laurea honoris causa dell’Università di Tel Aviv, anche l’Università di Baltimora volle concedergli lo stesso riconoscimento. In quell’occasione Spadolini affrontò il problema dell’integralismo islamico:
«Israele e Stati Uniti sono due paesi oggi più che mai vittime di una nuova barbarie che tocca gli equilibri dell’area meridionale come l’Europa e il resto dell’Occidente. C’è un integralismo islamico che rappresenta la negazione dei valori di democrazia e di tolleranza in cui crediamo. Ed è proprio il cemento ideologico a condurre alla fusione fra metodi terroristici e ragion di Stato».

L’Occidente e la sfida del terrorismo, Discorso in occasione della laurea honoris causa dell’Università di Baltimora, “Nuova Antologia”, fasc. 2162, aprile-giugno 1987, pp. 22-52

 

Il 2 luglio 1987 Spadolini fu eletto presidente del Senato, per poi essere nominato senatore a vita il 1 giugno 1991. Da quel momento la sua voce si fece ancora più alta e solenne. Uno dei primi problemi di fronte ai quali si trovò nella sua nuova veste fu quello del diffondersi dell’antisemitismo in Europa:
«La memoria dell’Olocausto coincide con il dovere che accomuna tutti gli uomini liberi: è il dovere di “non dimenticare”. “Non dimenticare”, ammoniva l’alta coscienza di Primo Levi. Ma dopo Carpentras, dopo che alle nostre coscienze si sono aperti abissi di ignominia, fino a ieri impensabili, non possiamo non avvertire la tragica insufficienza di quel grido, l’inadeguatezza di un monito che ci sembrava già in sé terribile. Sempre più… quel “non dimenticare” coincide con il dovere ineludibile di “ricordare”… E’ il dovere che impone una vigilanza ininterrotta poiché i mostri si destano nel sonno della ragione: ma contro quei mostri non abbiamo altre armi se non quelle che ci vengono dalla nostra testimonianza, dal soffio della civiltà e dei valori nei quali essa si incarna».

Fermiamo la nuova barbarie, “La Voce Repubblicana”, 28-29 maggio 1990

 

Anche l’Università ebraica di Gerusalemme, che ha sede sul Monte Scopus che sovrasta la città, volle conferirgli, il 23 marzo 1992, la laurea honoris causa:
«I valori universali che sul monte Scopus sono stati gelosamente conservati, in nome di un principio alto della cultura, vanno oltre i confini dello Stato di Israele e preesistono ad esso. Tali valori si identificano nella causa della tolleranza, del dubbio, contro ogni idolatria. In un momento ancora oggi paralizzato da idoli che pretendono disumani sacrifici, il rifiuto di accettare le tavole delle certezze prefabbricate costituisce il solido anello di congiunzione fra l’ebraismo ed il pensiero moderno, cioè laico… Questa natura di conflitto e discussione perenne ci sembra il dato più continuo, il quid affascinante che conferma l’appartenenza dell’ebraismo alla sfera spirituale dei liberi movimenti di idee che non considerano mai esaurita la ricerca della verità né mai scritta per sempre la pagina della storia. E contro cui si è sempre scatenato il mostro del razzismo e della intolleranza».

Il nostro “no” al razzismo., “Nuova Antologia”, n. 2183, luglio-settembre 1992, pp. 14-30

 

Anche misurandosi con i grandi problemi del suo tempo, Spadolini conservò fino al termine della sua vita un’acuta capacità di analisi politica. Le sue parole sul nesso fra la questione palestinese e l’aggressività del fondamentalismo islamico a livello mondiale appaiono oggi quasi profetiche:
«Il problema principale del Medio Oriente non è la questione palestinese, come comunemente si crede nell’Occidente, ma è l’integralismo islamico. E la mappa del fondamentalismo coincide con una minaccia di dimensioni mondiali: dagli  attentati di Buenos Aires e del World Trade Center di New York ai pericoli che gravano sull’Algeria, sulla Libia e sull’Egitto».

L’accordo fra Israele e palestinesi grande speranza dell’umanità: Wiesel, Siniora, Lewis, Yehoshua, Laqueur, Magris, Spadolini, a cura di M. Molinari, “Nuova Antologia”, fasc. 2188, ottobre-dicembre 1993, pp. 5-28

 

Quasi alla vigilia della sua scomparsa, il 27 gennaio 1994, Spadolini pronunciò ad Auschwitz – di fronte ai presidenti delle Assemblee legislative europee – un discorso che può essere considerato il suo testamento spirituale:
«Auschwitz è il simbolo più eloquente della tragedia del razzismo. Simboleggia l’evento più oscuro, più crudele, più incomprensibile della storia. E’ il prodotto di una volontà perversa determinata a umiliare, a perseguitare, a sterminare un intero popolo: una guerra senza quartiere volta a cancellare dal pianeta il popolo ebraico… Il nostro dovere è trarre insegnamento da quanto accadde, nelle città e nei villaggi d’Europa, cinquanta anni fa, nei ghetti e nelle prigioni e nei campi di sterminio, per evitare che l’umanità conosca ancora una volta simili tragedie. E il nostro impegno assume un significato particolare nel momento in cui tornano a risuonare parole e slogan sinistri, che credevamo sepolti insieme con i loro propugnatori».

Ad Auschwitz per imparare la lezione della storia, “Nuova Antologia”, vol. 572, fasc. 2190, aprile- giugno 1994, pp. 471-472

 

(a cura di Valentino Baldacci)

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