La Cia vuole usare i computer di Amazon: la Silicon Valley va alla guerra
I signori di internet entrano nei centri di comando e nelle situation room, hanno lobbisti potenti nel settore della difesa, e tra i manager delle loro aziende hanno assunto ex spie ed ex militari.
Roma. Se vuoi tenere i tuoi dati digitali al sicuro, prendi una chiavetta o un hard disk, salvaci tutto dentro e nascondili. Proteggili, sotterrali, ma non lasciare mai i tuoi dati dentro a un computer, a uno smartphone o a un qualunque aggeggio con un collegamento a internet – lì dentro, un bravo hacker sarà sempre in grado di entrare. Il cloud, poi, quel sistema di server di aziende private su cui è possibile salvare i propri dati via internet, è il peggio che ci possa essere. Conserva qualcosa sui server di Amazon o di Google, dicono, e sarà come offrire ai malintenzionati i tuoi documenti su un piatto d’argento. Poi la Cia, la più potente agenzia d’intelligence del mondo, vara in questi giorni un progetto da 600 milioni di dollari per usare i servizi cloud di Amazon di Jeff Bezos, e il teorema dell’hard disk sotto il materasso inizia a vacillare.
Venerdì la Cia ha iniziato a trasferire parte dei suoi documenti, anche quelli classificati, sui computer di Jeff Bezos. Tutte le agenzie d’intelligence americane, non solo la Nsa degli spioni, sono soffocate di dati. Ci sono le informazioni dei satelliti, quelle dei sensori di sorveglianza, quelle procurate da centinaia di agenti che dragano internet, le informazioni della human intelligence. Conservarle è diventato un incubo, analizzarle è quasi impossibile. Si possono investire miliardi di dollari per costruire dei supercomputer, oppure sfruttare chi i supercomputer li ha già, a migliaia, e li ha messi in rete per moltiplicare la loro potenza. La Cia userà via internet i computer di Amazon (che ha vinto il bando della Cia l’anno scorso, dopo una battaglia durissima contro Ibm, che però da tempo è corteggiata da investitori cinesi), riuscirà ad analizzare i dati più facilmente, potrà lavorare in condivisione con tutte le 17 agenzie che partecipano al progetto “ed evitare le carenze di intelligence che precedettero l’attacco terroristico dell’Undici settembre”, ha scritto Frank Konkel su Government Executive. La cosa interessante è che la Cia, con le dovute precauzioni, userà lo stesso servizio che è in vendita per chiunque altro. L’intelligence americana, la più avanzata del mondo, quella che ispira complotti, sviluppa armi segrete e rovescia governi sudamericani, ha deciso di comprare innovazione da uno dei signori di internet, non di crearla da sé, e dicono gli esperti che questo ha provocato una guerra culturale dentro gli ambienti dell’intelligence. E’ una questione di principio (siamo la Cia, noi la tecnologia di cui abbiamo bisogno non la compriamo) ed è una questione di sicurezza. Ma se il sistema a compartimenti stagni della Nsa non ha potuto impedire a Edward Snowden di trafugare centinaia di migliaia di dati cos’altro potrà farlo?
Così la Silicon Valley e i signori di internet entrano nei centri di comando e nelle situation room, hanno lobbisti potenti nel settore della difesa, e tra i manager delle loro aziende hanno assunto ex spie ed ex militari. Il contratto tra Amazon e la Cia è il più grande mai siglato, ma Google, per esempio, ha rapporti solidi (e spesso nascosti) con il dipartimento della Difesa, che vanno dalla fornitura di alta tecnologia a quella dei Google Glass, gli occhiali con telecamera. Poi c’è la Nsa, quella dello scandalo di Snowden. Il programma Prism, studiato per spiare gli utenti in rete, è stato svelato un anno fa, e le pr della Silicon Valley hanno lavorato molto bene, le responsabilità sono state allontanate, ma ancora oggi molti si chiedono perché i tipacci dell’Agenzia per la sicurezza nazionale avessero messo i simboli di Google, di Yahoo e di tutti gli altri sui loro documenti interni, come a dire: sono dei nostri.
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