Il riformismo morale dentro di me
Oltre il dàgli alla Kasta, quegli usi italici che sprizzano recessione
Ieri sembrava tornata alla normalità la situazione del trasporto bagagli all’aeroporto di Fiumicino a Roma, e rientrato anche il rischio di uno sciopero bianco (con annesse assenze in massa per malattia) per protestare contro l’intesa Etihad-Alitalia. I disagi comunque continuano, con annessi danni per i turisti e all’immagine del paese. Questo episodio si unisce a molti altri recenti dello stesso tipo, sollevando ulteriori interrogativi sulla riforma del costume che a volte servirebbe ancor più che quella delle leggi. Perché mentre stampa ed establishment ci descrivono spesso come avidi e ossessionati dalla produttività per colpa della crisi, certi episodi fanno pensare altrimenti. E aiutano a comprendere perché siamo in recessione, senza gettare la croce soltanto sulla “casta”. Dalla pretesa del pensionamento anticipato da parte degli insegnati pubblici (la cosidetta “quota 96”), incuranti del vulnus alla riforma Fornero e dell’effetto valanga che ciò può aprire; al rischio di liquidazione del Teatro dell’Opera di Roma a causa dello sciopero a oltranza dei musicisti della Cgil; alle pretese degli occupanti del Teatro Valle di continuare a gestirlo ma a spese del contribuente; alle dilazioni all’accordo Alitalia-Etihad nel gioco al rialzo delle diverse sigle sindacali, con il rischio di caduta della trattativa; alle giravolte degli opinionisti in materia di politica economica. Il piccolo imbroglio, il voltafaccia, l’irresponsabilità verso gli altri, il garbuglio interpretativo, la furbizia del “provarci” e l’ipocrisia del “mi ero sbagliato”, eccetera: è anche a questa decadenza morale – che c’entra poco con le legittime rivendicazioni sindacali o sociali – che occorre reagire. Il riformismo senza ciò è una scatola vuota.
Il Foglio sportivo - in corpore sano