La scelta suicida dei padroni di Gaza
Dopo un mese di martellamento subìto nella Striscia di Gaza, senz’altra opzione che una risposta debole fatta di razzi finiti fuori bersaglio o distrutti in volo e di tunnel scoperti e distrutti, Hamas rifiuta la tregua con Israele.
Dopo un mese di martellamento subìto nella Striscia di Gaza, senz’altra opzione che una risposta debole fatta di razzi finiti fuori bersaglio o distrutti in volo e di tunnel scoperti e distrutti, Hamas rifiuta la tregua con Israele. Sembrava che questo round di guerra dovesse chiudersi qui. Invece il gruppo armato palestinese che controlla Gaza ha ripreso il lancio di razzi, e Israele ha risposto alla rottura della tregua con i bombardamenti – in misura limitata rispetto alle ultime settimane. Per capire la scelta suicida di Hamas, che vuole continuare una guerra da cui può soltanto uscire ancor più devastato, c’è una sola spiegazione: la pace sarebbe ancor più devastante. Soprattutto questa pace, con gli egiziani determinati a garantire che il movimento non riesca a recuperare le forze, come un tempo faceva dopo ogni operazione israeliana.
Colpiva in un pezzo del Wall Street Journal di due giorni fa la notizia che sono stati gli israeliani a chiedere al governo del Cairo di allentare un po’ la stretta al confine sud della Striscia e di far passare i feriti. I tempi non sono più quelli del presidente e fratello musulmano Mohammed Morsi, che mandava i suoi ministri in visita negli ospedali di Gaza. E’ verosimile che questa volta Hamas sia costretto a mendicare un po’ di libertà di movimento, pena l’irrimediabile incapacità di armarsi di nuovo e di governare (non per nulla ha accettato poco tempo fa di fare pace con l’Autorità palestinese di Ramallah, per ricevere un po’ di aiuti finanziari). Hamas non può sopravvivere alla pace in queste condizioni. E allora torna a fare quello che sa fare meglio: la guerra con i razzi. I palestinesi sopporteranno?
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