Denis Verdini e Silvio Berlusconi (Foto Lapresse)

Leading from behind

Redazione

Il Cav. statista sente l’approssimarsi dell’euroriabilitazione dalla infelice sentenza che un anno fa lo ha estromesso dalla vita pubblica per mano giudiziaria e parlamentare. Verdini può dare lezioni a Obama.

Il Cav. statista sente l’approssimarsi dell’euroriabilitazione dalla infelice sentenza che un anno fa lo ha estromesso dalla vita pubblica per mano giudiziaria, prima, e parlamentare poi. In una lettera inviata ieri ai suoi senatori, Berlusconi ha lanciato proclami di battaglia politica, dicendosi speranzoso di poter pugnare “a 360 gradi, con il recupero, entro pochi mesi, della piena legittimità politica ed elettorale”. Se ci sarà un giudice alla Corte europea di Strasburgo, si saprà presto. Intanto il Cav. si gode il suo momento di non trascurabile centralità politica, decisivo com’è per far marciare le sole riforme di cui il governo Renzi sembra capace, quelle istituzionali, e sempre più ragionevolmente convinto che anche in materia economica l’esecutivo finirà per chiedere sostegno all’opposizione governante (o al governo d’opposizione) di Forza Italia. In tre parole: leading from behind, secondo la formula cucita intorno alla dottrina estera di Barack Obama (ma da lui disattesa in modo penoso), ovvero comandare senza esporsi. Una specialità di cui sta dando prova il plenipotenziario berlusconiano Denis Verdini (ditta fogliante, ça va sans dire), come dimostra la sontuosa intervista da lui rilasciata ieri a Repubblica.

 

Fin dal primo virgolettato (conio magrittiano: “Questa non è un’intervista”), Verdini offre un saggio di tonico realismo (bene con Renzi, ma non entriamo in maggioranza), dissimulazione onesta e un po’ fancazzista (non s’è parlato di economia ma di donne), nonché di destrezza disarmante sulla legge elettorale, specialmente sul dossier preferenze, laddove ha dimostrato more geometrico come queste servano soltanto “a salvare il posto alla nomenclatura dei partiti più piccoli” che non beneficiano del voto d’opinione. Berlusconi e Renzi, con Verdini e Lotti e la loro compagnia di giro governativa, forse non esprimono ancora con callido jemenfoutisme lo stato di grazia della vera grande coalizione italiana, qui detta “strette intese”, ma insomma ci vanno vicini.

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