Il premier Matteo Renzi e il presidente della Commissione europea Josè Manuel Barroso (Foto Lapresse)

Una lettera piena di ragioni

Redazione

Le critiche dell’Ue sui fondi inutilizzati e il nostro fattore credibilità. Perché le politiche di austerità richieste dall'Ue sono accolte da scetticismo.

Al netto del tono scandalistico con cui Repubblica s’è applicata sulla lettera giunta al governo e contenente le osservazioni di Bruxelles sull’utilizzazione dei fondi europei da parte delle amministrazioni italiane che ne sono titolari, per un importo complessivo di circa 40 miliardi, va detto che quel documento non è il tragico foglio di via dall’Unione tanto atteso dai “gufi”. La lettera, viceversa, aiuta a capire perché i lamenti dei nostri governi per le austerità imposte dall’Europa e le richieste di flessibilità nella loro applicazione avanzate rispettivamente dagli esecutivi italiani vengono accolti con palese scetticismo. Se non siete in grado di utilizzare tempestivamente e in modo corretto i 40 miliardi di cui disponete, perché mai dovreste aumentare di qualche miliardo le vostre spese che incidono su un bilancio già fragile? A questa domanda, logica e non maliziosa, è difficile rispondere con un’alzata di spalle. Soprattutto perché la stessa questione è stata sollevata con i governi precedenti, che hanno sempre garantito che si sarebbe provveduto, come fa puntualmente oggi anche il sottosegretario Graziano Delrio, ma poi le procedure sono rimaste lente e confuse, gli adempimenti incompleti, e si è tornati ad affondare nell’immobilismo burocratico e amministrativo, soprattutto nelle regioni meridionali che sono le principali beneficiarie di quei fondi.

 

Matteo Renzi, almeno, ha riconosciuto che in passato quei soldi sono stati spesi male (in realtà sono stati spesi solo parzialmente e con incongruenze) e ha promesso un “cambiamento di modello”. Se dice sul serio, la “predisposizione di appositi piani di riorganizzazione amministrativa da parte di tutte le amministrazioni titolari dei fondi strutturali” come dice Delrio indulgendo pericolosamente al gergo burocratico, dovrebbe contenere una semplice norma, che consenta al governo di sostituire immediatamente con commissari ad acta tutti i responsabili, appena si registra un ritardo sulla tabella degli adempimenti. Di accordi, concerti e conferenze dei servizi è lastricato l’inferno dell’inefficienza amministrativa che rende inattendibili anche le richieste giuste che vengono dall’Italia. Esiste un fattore credibilità che ha un costo, non solo politico ma anche economico. Il rischio di perdere miliardi di investimenti in una situazione di aperta recessione del mezzogiorno è reale, come spiega la lettera della Commissione, senza toni ultimativi o sfondo ricattatorio: è giusto rispondere con i fatti, senza guardare in faccia a nessuno, soprattutto a classi dirigenti territoriali che tradiscono le aspettative delle loro popolazioni per poi rifugiarsi in un rivendicazionismo lamentoso. Altrove questo è semplicemente ovvio, da noi è rivoluzionario, ma è una rivoluzione che bisogna fare subito.

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