Pier Carlo Padoan, Matteo Renzi e Maurizio Lupi presentano il decreto Sblocca Italia (Foto Lapresse)

Il decreto della sfida

Redazione

II decreto sblocca Italia che domani arriverà in Consiglio dei ministri contiene due importanti novità, che comportano una rottura di equilibri di interessi costituiti, che hanno sin qui bloccato gli investimenti in due aree fondamentali. La rete della banda larga e le grandi opere.

II decreto sblocca Italia che domani arriverà in Consiglio dei ministri contiene due importanti novità, che comportano una rottura di equilibri di interessi costituiti, che hanno sin qui bloccato gli investimenti in due aree fondamentali. Stiamo parlando di quello della rete della banda larga, che trovava un ostacolo in Telecom Italia – ostile alla concorrenza internazionale – e quello delle grandi opere, in particolare per la rete ferroviaria locale e regionale e altre vie di comunicazione, che trovava i veti dei poteri locali e degli ambientalisti e, insieme, la carenza di finanziamenti. Nel primo caso il decreto sblocca Italia, per quanto si apprende dalle ultime bozze indirizzate a Palazzo Chigi, rompe gli indugi alle concessioni per piccoli, medi e anche grandi comuni a ogni iniziativa che presenti progetti validi e ne facilita il finanziamento con un credito di imposta del 70 per cento a valere sull’imposta delle società e sull’Irap. Accanto alla sfida attuale ai poteri dei soliti noti, forse agevolata dallo sgretolamento di consorterie tradizionali, c’è quella futura che riguarda la copertura finanziaria del minore gettito derivante dal credito di imposta. In contropartita vi è però il sostegno al rilancio dell’industria delle costruzioni, particolarmente vessata e colpita dalla crisi, in relazione alla sistemazione dei cavi.

 

La cablatura darà la spinta allo sviluppo tecnologico in un settore, quello della modernizzazione digitale, in cui siamo in pesante ritardo rispetto ai nostri partner europei. Le ricadute saranno molteplici non solo nei servizi che si forniranno mediante queste infrastrutture, ma anche nelle nostre imprese fornitrici di tecnologia avanzata in collaborazione con i gruppi internazionali. Un’opera di modernizzazione, e anche di progresso civile, tanto invocata quanto oramai irrinunciabile. Il decreto sblocca Italia, per quanto riguarda le grandi opere, rivitalizzerebbe inoltre la legge obiettivo che Silvio Berlusconi aveva lanciato ma che poi era stata insabbiata dai governi contrari all’ideologia sviluppista che essa contiene in materia di lavori pubblici. Qui le sfide sono due: la prima riguarda la copertura della spesa per investimenti pubblici che essa comporta, pari allo 0,3 del pil annuo. Ciò, salvo incrementi nel processo di revisione della spesa, viene a scontrarsi con la richiesta di stanziamenti sociali e per l’assunzione di precari del pubblico impiego. La seconda invece consiste nei passi ulteriori per semplificare la macchinosa legislazione sulle opere pubbliche. E’ chiaro che si tratta di scelte politiche, prima ancora che economiche, in quanto finora colpevolmente trascurate o dimenticate a causa dei veti di potentati politici e finanziari che le avevano osteggiate pregiudicando lo sviluppo nazionale.