Riformista sburocratizza te stesso
Il proposito del governo Renzi di modernizzare l’amministrazione pubblica liberandola dalle tante incrostazioni burocratiche è sicuramente lodevole ma, come tutte le indicazioni generali, rischia di ottenere effetti controproducenti se non viene articolato in modo penetrante e razionale.
Il proposito del governo Renzi di modernizzare l’amministrazione pubblica liberandola dalle tante incrostazioni burocratiche è sicuramente lodevole ma, come tutte le indicazioni generali, rischia di ottenere effetti controproducenti se non viene articolato in modo penetrante e razionale. La burocrazia non è, astrattamente, il male assoluto, ma è uno snodo indispensabile delle organizzazioni complesse, non ha senso quindi demonizzarla in quanto tale. In altri paesi, basti pensare alla Francia o alla Germania, la burocrazia, formata professionalmente in istituti di alto livello culturale, esercita una funzione importante a sostegno della funzionalità delle amministrazioni e di tutela dell’interesse generale. Da noi, si sa, le cose non vanno così e si è creato (a voler guardare bene addirittura nei secoli) un intreccio tra potere dei pubblici uffici e corporazioni che è diventato paralizzante. Quando Matteo Renzi dichiara di voler sciogliere questo intreccio, per esempio attaccando alcuni suoi elementi palesemente patologici come l’elefantiasi dei distacchi sindacali da funzioni pubbliche, ha ragione da vendere. Però, insieme alla repressione dei fenomeni distorsivi, per governare è indispensabile disporre di una burocrazia efficiente dedita a rendere funzionali le disposizioni legislative e le riforme che la politica (intesa come la volontà dei cittadini) decide di attuare.
Se si guarda alla quantità mostruosa dell’arretrato sui decreti e sui regolamenti attuativi accumulato in pochi mesi dal nuovo governo (per tacere del pregresso degli esecutivi precedenti) si ha l’impressione che questa “burocrazia buona” non esista. Se poi si guarda alla qualità della produzione legislativa, che ha spesso mostrato veri e propri svarioni, come quelli che già sono stati evidenziati proprio nel provvedimento di riforma della Pubblica amministrazione o nella legge, assai pasticciata, sul superamento delle amministrazioni provinciali. Prima di gridare al “sabotaggio” dei burocrati conservatori, che peraltro va messo nel conto di una politica riformista, sarebbe bene che l’esecutivo verificasse bene le sue capacità tecniche perché per dirigere politicamente un’amministrazione complessa e ancora di più per modificarla, bisogna conoscerla bene, altrimenti invece di una politica incisiva si conducono battaglie fittizia e contro i mulini a vento.
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