Renzi europeo, promosso
Alla sua prima prova internazionale di rilievo, Matteo Renzi si è trovato, nelle vesti di rappresentante dei governi europei, a fornire indicazioni su due fronti di crisi assai complessi, quello dell’Ucraina con la Russia e quello del califfato terroristico sui territori dell’Iraq e della Siria.
Alla sua prima prova internazionale di rilievo, Matteo Renzi si è trovato, nelle vesti di rappresentante dei governi europei, a fornire indicazioni su due fronti di crisi assai complessi, quello dell’Ucraina con la Russia e quello del califfato terroristico sui territori dell’Iraq e della Siria. Si può dire che se la sia cavata abbastanza bene, in particolare se si tiene conto della situazione caratterizzata da un imbarazzante calo di protagonismo strategico da parte dell’America, come effetto delle incertezze ormai patologiche di Barack Obama. Al confronto con un presidente americano che spara frasi a effetto prive di sostanza politica, il premier italiano è apparso quasi uno statista, preoccupato di far sentire alla Russia il peso dell’unità dell’alleanza atlantica, ma anche la disponibilità a un confronto in cui le ragioni di ogni parte in conflitto possano essere esaminate e affrontate con spirito costruttivo. Renzi ha marcato sull’altro dossier critico, quello dell’Is, una fermezza non retorica, accompagnata da qualche idea un po’ meno generica sulla prospettiva del sistema di alleanze antiterroristiche da mettere in campo.
Renzi ha, giustamente, identificato nella Giordania il fulcro della possibile controffensiva, ha dato conto di un suo caloroso e approfondito colloquio con il monarca di Amman, il che gli ha consentito di esprimere una lettura in qualche modo originale delle possibilità di svolgimento futuro. L’interesse evidente dell’Europa, chiudere quanto prima e quanto meglio possibile la crisi in Ucraina, per poter reagire in modo corale alle minacce continue che vengono dalle insorgenze islamistiche e fanatiche dell’islamismo terroristico e militarizzato, ha trovato in Renzi un’interpretazione sufficientemente autorevole e attenta a non creare tensioni con l’alleato americano, pur in una fase in cui non sembra in grado di esercitare la sua naturale funzione di guida politica dell’Occidente. Da’altra parte evitare di far confluire nelle Nazioni unite tutte le decisioni sulla reazione al terrore islamista, l’altro obiettivo da perseguire per evitare di impantanarsi nei veti russi o cinesi, può essere ottenuto solo con una scelta meno confusa da parte dell’America, e in questo l’Europa di Renzi cerca di dare una mano.
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