Massimiliano Latorre e Salvatore Girone, i due marò trattenuti in India (Foto Lapresse)

Caso marò, il governo indiano non si oppone al rientro di Latorre

Redazione

Dipende tutto dalla Corte Suprema che si riunisce venerdì. Intanto spuntano nuove accuse. Secondo l'Hindustan Times i fucilieri tentarono di convincere Umberto Vitelli a testimoniare che i pescatori erano armati.

Il ministro degli Esteri indiano Sushma Swaraj ha dichiarato oggi a New Dehli che se la Corte Suprema concederà l'autorizzazione al rientro in Italia di Massimiliano Latorre per ragioni umanitarie il governo non si opporrà. La Corte Suprema indiana aveva chiesto al governo di New Delhi un parere sulla richiesta presentata dalla difesa del marò perché facesse ritorno in Italia e ha aggiornato l'udienza a venerdì prossimo. Latorre, che il 31 agosto ha subito una lieve ischemia cerebrale ed è stato ricoverato per una settimana in ospedale, ha chiesto di poter rientrare in Italia per due mesi per stare con la sua famiglia e superare lo stress. La prossima udienza è stata fissata al 12 settembre. La Corte suprema ha anche stabilito che Latorre sarà esentato dall'obbligo settimanale di firma in commissariato per i prossimi 15 giorni.

 

 

Secondo il quotidiano indiano Hindustan Times, Massimiliano Latorre e Salvatore Girone, i due marò trattenuti in India, dopo la morte dei due pescatori indiani cercarono di coprire il loro operato facendo pressioni sul capitano della Enrica Lexie; gli chiesero cioè di inviare una mail con il resoconto dell'incidente alle organizzazioni di sicurezza marittima internazionale, una mail che sostenesse che i due pescatori erano armati e che questo era stato il motivo per cui avevano sparato. Le accuse arrivano nel giorno in cui la Corte Suprema di New Delhi è chiamata a decidere sul ricorso presentato dalla difesa di Latorre perché il fuciliere di marina, colpito da una leggera ischemia nei giorni scorsi, possa far ritorno in Italia, dove vivere in un ambiente più sereno.

 

La fonte del quotidiano indiano è al ministero dell'Interno di New Delhi: "Dopo l'incidente del 15 febbraio del 2012, il capitano della Enrica Lexie - racconta - scrisse una e mail  sostenendo che i sei pescatori a bordo del St. Antony erano armati. Ma gli inquirenti invece trovarono tutti e 11 i pescatori disarmati: non c'era alcuna arma a bordo", sostiene la fonte.

 

Secondo l'Hindustan Times, l'e-mail fu mandata a un'organizzazione per la sicurezza marittima perché fosse trasmessa all'Organizzazione Marittima Internazionale, l'agenzia Onu che si occupa di sicurezza sui mari. "Ma quando la Nia, l'agenzia nazionale indiana per la sicurezza, durante la sua inchiesta, ha interrogato il capitano dell'Enrica Lexie", Umberto Vitelli, costui "ha negato di esser stato testimone dell'incidente e ha spiegato di aver mandato l'email perché pressato dai marò accusati". "Il piano - ha raccontato ancora la fonte anonima - era di far passare i pescatori indiani come pirati".

 

La Nia, l'agenzia che deve formalizzare l'accusa contro i due militari, non ha voluto commentare le rivelazioni dell'Hindustan Times. "Presenteremo i nostri carichi di imputazione al giudice di merito un volta che tutte le questioni relative al caso saranno chiarite in Corte Suprema", si è limitato a commentare un portavoce.