La sberla dell'Europa a Google
Mountain View perde charme, ma è lo zampino della Merkel a far male
Google ha un problema in Europa. Questa settimana il commissario europeo per la Concorrenza, Joaquín Almunia, ha rifiutato per la terza volta un piano di conciliazione su un procedimento per abuso di posizione dominante (nelle ricerche online i prodotti di Google o affiliati sono avvantaggiati, dicono i legislatori europei) che va avanti da più di quattro anni. Dal 2009 Google presenta proposte di modifica del suo algoritmo, la ricetta segreta del successo del suo motore di ricerca, per venire incontro alle richieste della Commissione. Questa volta il progetto era stato presentato a febbraio, e Almunia aveva detto che i termini dell’accordo erano “adeguati”, ma lunedì si è rimangiato tutto, ha minacciato il blocco delle trattative, multe salate e l’apertura di procedimenti di antitrust.
Da Bruxelles si dice che a bloccare l’accordo che Almunia era pronto a confermare sia stata la Germania, che fa valere l’influenza della signora Merkel, dominante nella prossima Commissione, anche su un caso che sta molto a cuore agli editori tedeschi, con gli uomini di Axel Springer, l’editore della Bild che ieri ha avviato una partnership per creare la versione europea del sito Politico, che premono contro Google come mesi fa si prodigavano contro Amazon. Ma il problema di Google va oltre la Commissione, ed è il fatto che in Europa, e non solo a Bruxelles, Mountain View ha perso il suo fascino. C’entra l’aggressività della Silicon Valley, certo, e un revanchismo contro i giganti americani, non solo del web, che serpeggia per i parlamenti d’Europa. Poi ci sono Snowden e la Nsa, e quella sensazione di tradimento che due milioni di dollari all’anno in attività di lobby non bastano per lavare via.
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