Kerry annuncia la coalizione contro lo Stato islamico
Il segretario di Stato americano dice di aver ricevuto molte adesioni in medio oriente. L'Australia offre anche truppe di terra. Allo studio un modo per bombardare anche la Siria senza aiutare el Assad. Oggi vertice a Parigi.
Il segretario di Stato americano ha dichiarato all'emittente CBS che gli Stati Uniti hanno ricevuto molte adesioni tra i paesi del medio oriente e tra gli Alleati per condurre bombardamenti contro lo Stato islamico in Iraq e Siria. Kerry ha così tentato di fugare ogni dubbio circa la riuscita del suo tour nei paesi arabi, durante il quale ha cercato l'assenso per una coalizione internazionale contro i jihadisti sunniti. L'Australia ha anche dettagliato i mezzi e gli uomini che intende mettere a disposizione, dichiarandosi pronta a inviare anche truppe di terra (ipotesi finora esclusa, però, dagli americani): circa 600 uomini e aerei militari australiani sono pronti a intervenire in Iraq (ma non in Siria, hanno precisato da Canberra).
"Abbiamo paesi nella regione e paesi al di fuori di essa, oltre agli Stati Uniti, che sono pronti a offrire assistenza militare e a compiere bombardamenti se la situazione dovesse richiederlo", ha detto Kerry parlando alla trasmissione "Face the Nation". Funzionari del Dipartimento della Difesa americano hanno fatto sapere che qualsiasi azione militare in Iraq e Siria dovrà essere ben pianificata, perché "non basta andare e bombardare". Sarà anche cercata una basa legale solida per giustificare da un punto di vista giuridico i bombardamenti. La difesa del popolo iracheno dai miliziani jihadisti potrebbe essere la motivazione che verrà presentata per legittimare l'azione militare. Tra i paesi arabi che hanno già offerto la propria collaborazione ci sono Egitto, Giordania, Libano e sei paesi del Golfo, inclusi Arabia Saudita e Qatar". Tra coloro che invece si sono defilati, invece, c'è sicuramente l'Iran. Oggi, la guida suprema della Repubblica islamica Ali Khamenei ha dichiarato pubblicamente di aver rifiutato un invito formale a far parte della coalizione rivolto da Kerry. "Ho risposto di no perché hanno le mani sporche", è stata la risposta secca di Khamenei.
Chi invece sembra prendere tempo è proprio la Gran Bretagna, sotto pressione dopo la decapitazione da parte dello Stato islamico di un primo cittadino britannico, il cooperante David Haines, e la minaccia dei jihadisti di ucciderne un secondo. Al di là della dichiarazione di Cameron, rilasciata al termine di un Consiglio d'emergenza del suo gabinetto ("Haines è un eroe" e "la Gran Bretagna darà la caccia ai responsabili"), Londra non ha annunciato finora alcun bombardamento. Cameron deve vedersela con una generale diffidenza del popolo britannico nei confronti di un'azione militare (l'anno scorso il Parlamento disse "no" a un intervento in Siria) e alla "grana" dell'indipendenza della Scozia.
A Parigi la coalizione serra le fila contro i jihadisti. Ma non dice come interverrà
Proprio per questo, Kerry ha incontrato oggi a Parigi il ministro degli Esteri britannico Philip Hammond, in occasione della conferenza internazionale sull'Iraq che riunisce una trentina di paesi e rappresentanti del governo di Baghdad. Un'occasione importante per capire anche la posizione ufficiale della Russia, che finora ha espresso dubbi sulla serietà e la legittimità della coalizione a guida americana contro i jihadisti. In discussione ci sarà poi la questione dei bombardamenti in Siria che presentano difficoltà ancora maggiori rispetto a quelli in Iraq. Il timore, ha riferito un diplomatico a Reuters, è che attaccando lo Stato islamico in Siria si finisca per fare il gioco del regime di Bashar el Assad. "E' una circostanza che va assolutamente evitata", ha spiegato il diplomatico. La comunità internazionale è arrivata a conclusioni ancora vaghe: i partecipanti si sono impegnati ad appoggiare il governo di Baghdad con ogni mezzo, compreso "un adeguato aiuto militare", senza tuttavia specificare le modalità di intervento.
[**Video_box_2**]Il presidente francese, Francois Hollande, ha avvertito che "la minaccia è globale e la risposta deve essere globale", senza perdere tempo. Del resto non c'è alternativa contro i "tagliagole" dello Stato islamico. A usare questo termine è stato il capo della diplomazia francese, Laurent Fabius: "Dobbiamo difenderci. Non possiamo solo farli arretrare, dobbiamo sconfiggerli", ha detto. Stamane l'aviazione francese ha lanciato la sua prima missione: aerei-spia Rafales sono decollati dalla base militare francese di Abu Dhabi per una ricognizione sull'Iraq. Sul posto è arrivato anche il ministro della Difesa, Jean-Yves Le Drian. Proprio un intervento aereo è stato sollecitato dal presidente iracheno, Fouad Massoum, il quale ha avvertito che senza una pronta risposta "forse lo Stato islamico occuperà altri territori".
L'Italia ha inviato nei giorni scorsi i primi due carichi di armi e munizioni ai 'peshmerga' curdi nel nord dell'Iraq, ha riferito il ministro degli Esteri, Federica Mogherini, spiegando che Roma avrà anche un ruolo politico per far lavorare insieme la coalizione, giovandosi delle "buone relazioni con tutti i Paesi della regione".
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