Lezioni irlandesi
C’è un’austerità intelligente che porta a riforme strutturali pro crescita.
Il 7,7 per cento di crescita realizzato dall’Irlanda nel secondo trimestre dell’anno smentisce la vulgata secondo cui soltanto la flessibilità di bilancio e le politiche neokeynesiane sono in grado di salvare la zona euro da una stagnazione à la giapponese. Il governo di Dublino ha realizzato uno dei maggiori sforzi di bilancio, riportando il deficit dal 13,7 per cento del 2008 al 3,8 quest’anno. Ha tassato consumi e proprietà per ridurre il costo del lavoro e ha resistito alle pressioni di Germania e Francia per alzare l’aliquota sulle imprese al 25 per cento. Prima si agisce, insomma, prima arrivano i frutti delle riforme e del risanamento. Italia e Francia hanno fatto l’opposto dell’Irlanda. Hanno ritardato le riforme e adottato un’austerità che colpisce redditi, lavoro e imprese, salvo fermarsi non appena è venuta meno la pressione dei mercati. Le politiche redistributive volte a rilanciare la domanda hanno invertito la rotta del risanamento, ma in un contesto di deflazione in cui l’aspettativa è una riduzione dei prezzi, i consumatori – ancor più se con redditi modesti – tendono a risparmiare invece di consumare. Oltre a quella irlandese, Italia e Francia dovrebbero ascoltare la lezione di Mario Draghi: un potenziale imprenditore non chiederà mai un prestito per aprire un’azienda, se poi sarà asfissiato da tasse sul lavoro e dalla burocrazia. Senza riforme strutturali, gli stimoli monetari e fiscali non avranno effetti sulla crescita.
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