Ferruccio De Bortoli (foto LaPresse)

Terzista corrierista vittimista

Redazione

Se ne va da bisdirettore del Corriere della Sera dopo dieci anni e lo fa per ragioni che sono nelle cose, nel passare del tempo e nella consunzione naturale, se ne va per ragioni che hanno a che vedere col turbolento azionariato di Rcs, con la rissosa proprietà che gli ha garantito un’adeguata buona uscita.

Se ne va da bisdirettore del Corriere della Sera dopo dieci anni e lo fa per ragioni che sono nelle cose, nel passare del tempo e nella consunzione naturale, se ne va per ragioni che hanno a che vedere col turbolento azionariato di Rcs, con la rissosa proprietà che gli ha garantito anche per questo un’adeguata buona uscita. Eppure, con gran mestiere (e con un po’ di cinismo), Ferruccio de Bortoli adesso sogna di andarsene da vittima, come quasi tutti i giornalisti italiani sognano. E dunque il corrierista sempre compassato adotta all’improvviso uno stile e un codice che non gli si conoscevano, parla di “odore stantio di massoneria”, e lui che per tutta la vita è stato uomo di garbo e di attenuativi, misurato ed elegante, felpato e indiretto, scopre d’un tratto il gusto contundente d’iniziare l’editoriale principe del Corriere con queste recise parole: “Devo essere sincero, Renzi non mi convince”. E capita pure che in questo piccolo, sapiente, eppure smaccato trabocchetto, caschi anche qualche renziano, come l’ex portavoce del presidente del Consiglio, Marco Agnoletti, che su tuìtter incautamente consegna al direttore l’agognata patente di martire: “Non stupisce una reazione rabbiosa da chi è vittima del rinnovamento che Matteo Renzi sta per fortuna realizzando. #Ferrucciostaisereno”.

 

Ma tra l’uscita di De Bortoli dal Corriere e Matteo Renzi, statetuttisereni, non c’è nessun collegamento. Altri sono infatti i confusi indirizzi cui rivolgersi: John Elkann, Diego Della Valle, Giovanni Bazoli… Rimane tuttavia vero che l’addio di De Bortoli e l’ascesa di Renzi qualcosa in comune ce l’hanno: la coincidenza chiude definitivamente un’epoca nel giornalismo e in un certo modo di interpretare la politica in Italia. All’alba di Renzi corrisponde il tramonto del terzismo di cui De Bortoli è stato uno dei principali interpreti in questo paese, prima da braccio destro di Paolo Mieli, un’éra geologica fa, poi nel corso delle sue due (molto differenti) direzioni del Corriere. Ed è stata la suggestione terzista, cioè l’ultima coda di un fenomeno che già moriva, a spingere infatti De Bortoli verso Mario Monti e poi verso Enrico Letta. Ed è la morte del terzismo, cancellato per sempre da un progetto politico egemone e spiazzante a sinistra, a rendere oggi inconsolabile l’ormai quasi ex direttore del Corriere. Argomenti di opposizione allo stile Renzi tutti leciti, legittimi, persino interessanti. Purché non passi da vittima.

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