“Il dominio della Silicon Valley è finito”, e la Cina compra talenti
Gli occidentali vedono Alibaba come una copia di Amazon e il motore di ricerca Baidu come una copia di Google, e scartano l’idea che delle copie possano fare vera concorrenza agli originali. Ma la realtà è diversa.
Roma. Lo scorso venerdì, il giorno in cui Alibaba, il gigante cinese dell’e-commerce, ha sbancato Wall Street, l’agenzia di stampa cinese Xinhua ha dichiarato “la fine del dominio americano nel settore della tecnologia”. Non siamo più sudditi della Silicon Valley, era il messaggio, ora l’internet cinese, che per voi occidentali è solo censura e hacker e brutte copie delle vostre scintillanti start-up, ha una compagnia che lavora nell’e-commerce e che vale più dei vostri due campioni, Amazon ed eBay, messi insieme. Non siamo da meno e anzi, come sta già per succedere con il pil, abbiamo messo la freccia per il sorpasso.
L’articolo di Xinhua ha un’intervista a una professoressa della Warwick Business School, che spiega che il tasso di crescita fenomenale delle compagnie del tech cinesi sta assottigliando la distanza con i concorrenti americani. Alibaba cresce del 30 per cento all’anno, venerdì ha fatto il più grande debutto in Borsa di tutti i tempi ed è diventata una delle maggiori compagnie tecnologiche del mondo per capitalizzazione, la quarta dopo Apple, Google e Microsoft. Altre aziende cinesi, come Tencent e Huawei, sono molto alte in classifica. Certo, a giustificare il successo del tech cinese ci sono gli aiuti dello stato. C’è l’espansione del gigantesco mercato interno, c’è il fatto che le compagnie cinesi sono arrivate anni dopo quelle americane, quando parte del lavoro era già stato fatto. Gli occidentali vedono Alibaba come una copia di Amazon e il motore di ricerca Baidu come una copia di Google, e scartano l’idea che delle copie possano fare vera concorrenza agli originali. Ma dopo Alibaba è difficile dire che non esiste un’industria del tech fuori dalla Silicon Valley, e le compagnie cinesi hanno iniziato una nuova battaglia, che non è quella per le quote di mercato, ma, come scrive Peter Cai su Business Spectator, quella per i talenti. La Cina sta contendendo alla Silicon Valley i laureati delle migliori università, e ha iniziato a rubare a Google e alle altre i migliori manager e i migliori ingegneri.
[**Video_box_2**]Il primo annuncio spettacolare è arrivato nel settembre del 2013, quando Xiaomi, che costruisce smartphone, disse di aver assunto Hugo Barra, top manager di Google che aveva avuto un ruolo fondamentale nella produzione di Android. Fino a quel momento, i media occidentali si erano occupati di Xiaomi solo per parlare della venerazione che il suo ceo Lei Jun ha per Steve Jobs, di cui ha copiato perfino i dolcevita. “Copycat”, dicevano, spesso giustamente, i media occidentali, ma intanto non si accorgevano che Xiaomi stava superando Apple per vendite di smartphone in Cina. Nel 2011 Huawei, allora accusata di fare spionaggio digitale per Pechino, assunse un uomo del governo inglese, John Suffolk, per sovrintendere alla sicurezza digitale. Anche Baidu, il motore di ricerca, ha fatto assunzioni importanti nell’ultimo anno. Ha rubato a Microsoft il suo responsabile per la ricerca e lo sviluppo in Asia, a Facebook un ricercatore di prestigio, alla produttrice di chip Amd un capo programmatore. Di recente ha anche assunto Andrew Ng, capo di Google Brain, il progetto di Google per l’intelligenza artificiale. Ng, che è laureato a Stanford, ha detto a Forbes che per capacità di innovazione i cinesi hanno superato la Silicon Valley. “Le compagnie cinesi offrono migliori risorse, più velocità organizzativa e l’etica del lavoro cinese”, ha detto. Nel 1999, l’anno in cui fondò Alibaba nel suo appartamento, Jack Ma disse ai suoi primi collaboratori che avrebbero dovuto assumere “l’etica del lavoro della Silicon Valley”. I ruoli oggi si sono invertiti.
Il Foglio sportivo - in corpore sano