Lo spettacolo della parresìa
Come al Concilio, la chiesa parla di sé. Un evento sociale e rischioso. Suscitato dallo Spirito, ma pure figlio dell’ottimismo dell’epoca, il Vaticano II fu anche un fenomeno degli anni 60, come i Beatles e Canzonissima.
Suscitato dallo Spirito, ma pure figlio dell’ottimismo dell’epoca, il Vaticano II fu anche un fenomeno degli anni 60, come i Beatles e Canzonissima. La gente leggeva i rotocalchi o si metteva davanti alla tv, e tutte le sere la Rai trasmetteva, in bianco e nero, interminabili sintesi e interviste a prelati e periti. Soffiava nella società, “lo spirito del Concilio”. Era “l’evento” ecclesiale nel mentre (o perché) era anche un evento mediatico. Que reste-t-il de nos amours?, si chiederebbe oggi un qualche padre De Lubac d’allora. Resta molto, è la prima impressione. Come allora, una grande assemblea pastorale-dottrinale della chiesa cattolica si è aperta nel pieno di una crisi, con partiti ecclesiali contrapposti e una regola imposta (tentativamente) del silenzio e del self control. Ma subito tutto è stato travolto dallo spirito francescano, dall’appello alla parresìa, dalla damnatio preventiva dei “cattivi pastori” che impediscono l’abbraccio con il mondo e la consolazione dei fratelli.
Come allora, ma senza lo stesso ottimismo, il fermento del mondo è guardato con curiosità o timore, e a sua volta il mondo guarda con curiosità e pregiudizio alle parole, ai gesti, che usciranno da Roma. Stiamo assistendo a uno spettacolo inconsueto, alle latitudini delle nostre stanchezze intellettuali e dei nostri meccanismi democratici corrosi. Lo spettacolo di un corpo vivo, seppure parecchio slogato, ma che ha da dirsi e da darsi delle ragioni, a cui partecipano conservatori africani e tedeschi progressisti, famiglie santamente cristiane o mondanamente divorziate. Bergoglio ha chiesto che la lingua comune sia quella dello Spirito, più che quella delle idee e dei teologi. Ne sortiranno sorprese. Non si sa se saranno primavere conciliari.
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