Pippo Civati (foto LaPresse)

Il Pd tra minacce di scissione e sanzioni ai dissidenti. Civati: "Jobs act una riforma di destra"

Redazione

Il dem contesta nel merito e nei modi l'operato di Renzi in occasione del voto al Senato sul maxiemendamento sul lavoro. Guerini solleva l'ipotesi sanzioni per chi ha abbandonato l'Aula.

Il jobs act "è una riforma di destra, tanto che l'unico contento è Sacconi". E' la nuova accusa lanciata dal dissidente del Partito democratico, Pippo Civati l'indomani del voto di fiducia al Senato. Il comportamento dei vertici del partito e di Renzi, ha aggiunto, porterà prima o poi al "disamoramento" di iscritti e di parlamentari del Pd. "Io non provoco rotture, le subisco. Sto lavorando perché il Pd torni a fare il centrosinistra in alternativa al centrodestra", ha aggiunto l'esponente della minoranza dem e, a chi gli ha chiesto se ci sarà una scissione, Civati ha risposto: "Io non la faccio, ma magari la farà qualcun'altro...".

 

Civati ha contestato soprattutto il metodo adottato da Renzi in occasione del voto in Senato per il jobs acta. "Non si può avere un partito all'americana, con eletti con le primarie, e poi immaginare che ci sia una disciplina di stampo sovietico". Il dem ha risposto così al vicesegretario del partito Lorenzo Guerini che oggi, al termine della segreteria, ha detto che chi non ha votato la fiducia al governo sul jobs act "mette in discussione i vincoli di relazione con il partito", ventilando l'ipotesi di sanzioni.

 

Per Civati "se ci sarà un intervento disciplinare nei confronti dei senatori che sono usciti dall'Aula del Senato al momento del voto si aprirà un bel dibattito sulla democrazia interna". Nel partito, ha poi sottolineato, "c'è un problema grosso come una casa: molti hanno votato la fiducia non essendo d'accordo e lo hanno fatto solo per disciplina di partito, rispetto però a un partito che non ha mantenuto fede al proprio programma elettorale. Non ricordo che nessuno abbia detto che ci candidavamo a governare il paese per cancellare l'articolo 18", ha concluso. "Fossi stato in Senato non avrei votato la fiducia al jobs act e non la voterò".