Il drone da stadio
Trascinava la bandiera rossa con aquila nera bicipite, simbolo della grande Albania con dentro il Kosovo, e i ritratti dei padri fondatori della nazione. Serbia e Albania, contro la retorica del calcio che avvicina i popoli.
Avremo visto di tutto, anche un drone da stadio, una sorta di uccellaccio metallico, di aquilone con rotore. Martedì sera ha volteggiato per qualche minuto sul Partizan Stadium di Belgrado dove la Serbia ospitava l’Albania per l’incontro di qualificazione ai campionati europei del 2016. Trascinava la bandiera rossa con aquila nera bicipite, simbolo della grande Albania con dentro il Kosovo, e i ritratti dei padri fondatori della nazione. Il gioco era già sospeso, in precedenza c’era stato lancio di fumogeni in campo da parte dei tifosi serbi, a quelli albanesi era stato vietato l’ingresso. In quel momento appare l’aggeggio, fischi, improperi, slogan ostili, un calciatore serbo riesce ad agguantare e a tirare giù la bandiera, i giocatori albanesi si avventano sugli avversari e la riconquistano, correndo a rifugiarsi negli spogliatoi, invasione di campo, botte da orbi, un esagitato si mette a prendere a sediate gli albanesi. L’arbitro inglese interrompe una prima volta la partita, poi di fronte al rifiuto dell’Albania di tornare in campo, fischia la fine definitiva.
[**Video_box_2**]Le autorità serbe hanno fermato fuori dallo stadio Olsi Rama, fratello del premier albanese Edi Rama, sospettano che sia stato lui a manovrare da terra l’apparecchio, cosa seccamente smentita dal governo di Tirana. Nei due paesi si è improvvisamente riacceso il focherello nazionalista. Lo stesso Partizan Stadium non è nuovo a scene del genere: per dire, le tifoserie della Dinamo di Zagabria e della Stella Rossa di Belgrado se le davano di santa ragione già ai tempi di Tito e della Yugoslavia unita. Un episodio del genere era dunque prevedibile. Ma non dalla Uefa, che ha lasciato tranquillamente che due nazioni divise da un contenzioso secolare e che si sono fatte la guerra fino a qualche anno fa, stessero nello stesso girone di qualificazione. La “bande à Platini” non ha molta considerazione per la storia. E questo è un limite. Oppure crede che lo sport avvicini e accomuni i popoli. E questa sarebbe una vera iattura.
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