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Il presidente turco Recep Tayyip Erdogan (foto Ap)
I dolori dell'alleato turco
La Turchia aiuterà Kobane, per Erdogan è l’ora del gran ripensamento. Nell’agosto del 2013, dopo gli attacchi chimici del regime siriano contro i civili, lo stato anatolico era il più entusiasta tra gli alleati pronti a bombardare Damasco sotto la guida americana.
Nell’agosto del 2013, dopo gli attacchi chimici del regime siriano contro i civili, la Turchia del premier Recep Tayyip Erdogan e del ministro degli Esteri Ahmet Davutoglu era la più entusiasta tra gli alleati pronti a bombardare Damasco sotto la guida americana. Più di un anno dopo, con Erdogan che nel frattempo è diventato presidente, Davutoglu premier e con l’America che bombarda lo Stato islamico in Siria e Iraq, la situazione si è invertita. Dal più entusiasta degli alleati, Ankara è diventato il più riluttante, e l’attacco alla Siria è diventato il capitolo più avvilente della politica estera di Erdogan. La Turchia ha visto i suoi alleati occidentali concentrarsi sullo Stato islamico e fare involontariamente il gioco di Assad, che avanza su Aleppo. Li ha visti aiutare i curdi, che Ankara considera terroristi. Li ha visti contrariati e infastiditi perché si rifiuta di prestare aiuto a Kobane, enclave curda pochi chilometri dentro il territorio siriano, che i turchi schierati al confine guardano bruciare sotto gli attacchi dello Stato islamico. Il cahier de doléances della Turchia contro la coalizione occidentale è stato scritto ieri sul Wall Street Journal dal vicesegretario generale della presidenza turca, Ibrahim Kalin, ed è un insieme di domande senza risposta. Perché dovremmo dare ai curdi armi che poi finiranno nelle mani del Pkk? Perché solo noi dovremmo mettere i “boots on the ground”? Perché la rimozione di Assad non fa parte dei progetti della coalizione? L’ultimo schiaffo è arrivato nel fine settimana: sabato Erdogan annuncia che non permetterà il trasferimento di armi americane ai guerrieri curdi, domenica l’America organizza un ponte aereo per lanciare armi e viveri ai guerrieri curdi.
Ieri il governo si è rimangiato quanto detto finora e ha annunciato che la Turchia lascerà che i peshmerga curdi passino i suoi confini per aiutare Kobane. E’ una notizia che può cambiare le sorti del conflitto, ma per la Turchia è un’ammissione di sconfitta. Ankara non avrebbe voluto fare da ponte alle milizie curde, e l’annuncio, importante, mostra che a far cambiare idea al governo sono state le pressioni internazionali e gli schiaffi presi di recente, non una strategia estera vincente, che alla Turchia manca da tempo.
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