Il potere di Xi in Cina è nelle preposizioni. Il plenum del Partito
Lo scorso novembre l’organo ristretto che decide le sorti della Cina si aprì nel nome di Deng Xiaoping, il grande riformatore. Questa settimana è iniziato un nuovo plenum, il quarto, ma rispetto all’anno scorso molte cose sono cambiate. E’ sparita la parola riforma, sono spariti l’entusiasmo e l’attesa.
Roma. Lo scorso novembre il plenum del Comitato permanente del Partito comunista cinese, l’organo ristretto che decide le sorti della Cina, si aprì nel nome di Deng Xiaoping, il grande riformatore. Allora – era il terzo plenum per il gruppo attuale – il presidente Xi Jinping promise di cambiare la Cina come solo Deng prima di lui aveva fatto, di aprire sempre di più l’economia al mercato, di riformare le banche, le aziende di stato e la politica del figlio unico. I media parlarono di Xi (era una delle sue prime grandi prove di governo) come di un leader forte ma riformatore, uno che avrebbe potuto rivaleggiare con Deng e portare a termine la modernizzazione della Cina. Questa settimana è iniziato un nuovo plenum, il quarto, ma rispetto all’anno scorso molte cose sono cambiate. E’ sparita la parola riforma, sono spariti l’entusiasmo e l’attesa. E’ sparito il riferimento a Deng Xiaoping, e lunedì Russell Leigh Moses sul Wall Street Journal stabiliva un nuovo termine di paragone: il quarto plenum “si annida sotto l’ombra di Mao”.
L’anno scorso Xi era un leader non del tutto testato, e al tempo del terzo plenum molti analisti diedero credito alle sue promesse di apertura. Ma a quasi un anno di distanza molte cose sono cambiate in Cina. Pochi giorni fa il sinologo Carl Mintzer ha scritto un articolo eccellente per il Los Angeles Times, in cui spiega che sotto Xi Jinping il paese, lungi dall’inaugurare una nuova èra di riforme, sta tornando a chiudersi in se stesso, sta cedendo al nazionalismo e al dirigismo economico. La lotta contro i funzionari corrotti si sta trasformando in una purga gigantesca. Gli imprenditori stranieri sono vittime di inchieste mirate e spesso infondate. L’economia di stato favorisce i “campioni nazionali” rispetto alla competitività. In politica estera la Cina è sempre più aggressiva, e in teatri come il mar Cinese addirittura ostile. Negli slogan della propaganda sono sempre più frequenti i richiami ai valori “tradizionali” e al sentimento anti occidentale. Nei centri di ricerca scientifica si consiglia di evitare le collaborazioni con gli enti stranieri. La repressione dei dissidenti è ai massimi da anni. La crisi di Hong Kong, dove decine di migliaia di studenti protestano da tre settimane per il suffragio universale, ha mostrato che Pechino non ha intenzione nemmeno di discutere la possibilità di riforme politiche, anche in un laboratorio “protetto” come l’ex colonia inglese.
[**Video_box_2**]Il quarto plenum del Partito, inaugurato lunedì, ha come argomento centrale la “rule of law”, l’esercizio del potere “secondo la legge”. Sembra un buon segnale, e molti lo riconoscono come tale. Indica, se non altro, che il Partito comunista cinese ammette che il paese ha bisogno di una governance più certa, alcuni si spingono a dire che saranno fatti passi verso un potere giudiziario più indipendente ed equilibrato. Il Partito certifica che c’è un problema, e questo, da solo, è un progresso. Ma altri fanno notare che spesso la lingua cinese manca di preposizioni. La “rule of law” può essere tradotta anche come “rule by law”, e questo cambia tutto, perché quella dell’esercizio del potere “attraverso la legge”, l’uso della legge in maniera strumentale, è una teoria politica che esiste in Cina da millenni, e che Xi Jinping ha citato più di una volta negli ultimi mesi. Forse dal plenum uscirà un potere giudiziario più efficiente, ma sarà solo un’arma più affilata per imporre la disciplina del Partito e portare avanti la lotta alla corruzione, che ora si serve di strumenti ai margini della legalità come la detenzione a tempo indeterminato dei sospetti. Nessuna riforma metterà in discussione l’autorità del governo. Alcuni segnali (la scarsezza di anticipazioni) mostrano che attorno al quarto plenum c’è discussione. Ma Xi Jinping è il leader che dai tempi di Mao ha concentrato più potere nelle sue mani, il plenum, che si chiude giovedì, sarà un modo per riaffermarlo.
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