Il cardinal Camillo Ruini (foto LaPresse)

La saggezza di Ruini

Redazione

Un cardinale umanista che sa andare oltre le dispute del Sinodo.

Sarebbe limitativo esaminare l’intervento del cardinale Camillo Ruini (intervista a Cazzullo, Corriere) nella discussione in corso nel Sinodo ecclesiastico e nel Parlamento italiano solo dal punto di vista della presa di posizione, che resta ovviamente discutibile. Quello che conta davvero è il suo modo di avvicinare temi delicati con un approccio originale, privo di incrostazioni clericali, basato su una visione antropologica in grado di confrontarsi senza subalternità e senza arroganza con il pensiero dominante.

 

Ruini non riconosce a nessuno, in terra, il diritto di disegnare la freccia del progresso, il che rimanda a lezioni ascetiche come quella di sant’Anselmo ma anche al pensiero romantico che negò le illusioni illuministiche finite nel sangue del terrore robespierrista e persino la dolente riflessione di Andrej Sacharov (o sul versante opposto di George Orwell) sull’inversione del processo rivoluzionario dalla liberazione promessa all’oppressione. Non si tratta di un atteggiamento reazionario, di rimpianto per l’evoluzione della storia, ma di una comprensione più elevata di quel percorso, difficile da rintracciare davvero e nel quale Ruini vede l’insostituibilità delle realtà antropologiche e psicologiche della distinzione tra i sessi. Anche qui non si tratta di un rimando alla tradizione, non solo biblica ma classica, non solo letteraria ma scientifica, persino nei percorsi ancora incerti delle neuroscienze che Ruini esamina sempre con attenzione critica. L’ondata libertaria, che secondo Ruini non è escluso sia destinata a rifluire, come accadde all’infatuazione per il marxismo negli anni Settanta, non esprime un senso della storia definito una volta per tutte, così come la contesa che si è manifestata nel Sinodo non può propriamente definirsi un confronto tra progressisti e tradizionalisti.

 

[**Video_box_2**]Quello che si trova sempre nel pensiero di Ruini è un rispetto e un’attenzione profonda per i movimenti culturali accompagnati a un rifiuto di accettare il senso comune di cui sono portatori come una acquisizione necessariamente superiore a quelli precedenti. Per questo il suo senso della storia non è semplicemente provvidenzialista e neppure chiuso in una concezione, come quella di Teilhard de Chardin, di un Cristo come alfa e omega della storia, che rischia di annichilire il valore umano di tutto quello che sta in mezzo. Quella di Ruini è una visione razionale della storia, una visione profondamente moderna o addirittura postmoderna, anche se questo aggettivo, probabilmente, farebbe sorridere il vecchio porporato.

 

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