Giorgio Napolitano (foto LaPresse)

Napolitano esclude la trattativa: "Non sapevo di accordi"

Redazione

Il presidente della Repubblica ha risposto a tutte le domande dei pm. "Nel 1993, quando era presidente della Camera, era stato messo a conoscenza di un rischio di attentato nei suoi confronti".

Il presidente della Repubblica Giorgio Napolitano "non ha mai saputo niente, all'epoca dei fatti, di un accordo" tra apparati dello Stato e cosa nostra per fermare le stragi mafiose. L'avvocato Giovanni Airò Farulla, legale del Comune di Palermo, al termine dell'udienza con il capo dello stato ha spiegato come dalla sua deposizione non siano emerse novità rispetto alla cosiddetta trattativa, aggiungendo inoltre che tale termine "non è stato mai utilizzato nel corso della deposizione. Napolitano non si è sottratto a nessuna delle domande postegli dai pm e dal difensore di Totò Riina, avvocato Luca Cianferoni. Anzi, in un paio di occasioni il capo dello Stato ha chiesto al presidente della Corte di Assise, Alfredo Montalto, di poter rispondere anche a domande del legale di Riina che la Corte non aveva ritenuto ammissibili.

 

Il consigliere giuridico del Quirinale, Loris D'Ambrosio, "viste le caratteristiche umane e professionali, avrebbe riferito all'autorità giudiziaria qualora ci fossero stati elementi di rilievo penale" circa accordi con la mafia, ha detto il presidente della Repubblica nel corso dell'audizione e secondo quanto riferisce l'avvocato Basilio Milio, difensore del generale Mario Mori. "Napolitano ha sottolineato di non avere nulla da aggiungere sulle ipotesi avanzate da D'Ambrosio", ha detto ancora Milio, e ha sottolineato: "Escludo che il capo dello stato si sia mai avvalso della facolta' di non rispondere". Milio inoltre ha sottolineato che "la sentenza di assoluzione in primo grado di Mario Mori, ha sviscerato a fondo la vicenda, e di fatto ha svuotato l'indagine sulla trattativa".

 

L'avvocato Francesco Romito, legale del colonnello Giuseppe De Donno, uno degli imputati del processo sulla trattativa Stato-mafia, ha svelato alla stampa alcune indiscrezione a proposito di quanto accadde in quegli anni, precisando come "il Capo dello Stato ha confermato di essere stato messo a conoscenza, nel 1993, quando era presidente della Camera, di un rischio di attentato nei suoi confronti. Lo ha saputo dall'allora capo della polizia Parisi".

 

[**Video_box_2**]Secondo l'avvocato Barcellona, legale di parte civile in rappresentanza del Centro Pio La Torre, quella del presidente "è stata una testimonianza utile, ma non credo che sia una deposizione decisiva per il processo", nonostante il capo dello stato nella sua deposizione abbia ammesso che "nel periodo tra il 1989 e il 1993 Napolitano ha detto che c'era un certo allarme istituzionale, che si temeva anche un colpo di Stato e che si riteneva che fosse un tentativo della mafia per ottenere benefici sul regime carcerario".

 

L'avvocato Airò Farulla, in rappresentanza della parte civile Comune di Palermo, ha affermato che "il capo dello Stato ha risposto alle domande sui rapporti tra lui e il dottore D'ambrosio" e ha "confermato di avere convocato D'Ambrosio subito dopo aver ricevuto la lettera". Al legale di Riina che gli chiedeva dettagli su D'Ambrosio, il capo dello Stato ha risposto: "Legga il libro di Maria Falcone per verificare i rapporti tra D'Ambrosio e Falcone. Io non sono tenuto a parlare dei miei colloqui con D'Ambrosio, ma stia tranquillo che non è venuto a parlarmi dei suoi sospetti", ha sottolineato Napolitano.

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