Renato Brunetta (foto LaPresse)

Scambio gentile di insulti ragionati tra il fogliuzzo e Renato Brunetta

Redazione

Caro Direttore, capisco. E’ la teoria dei giochi. A una botta si risponde con un’altra botta. Dunque alle critiche del Mattinale, che dirigo, la replica è nelle cose. Caro Renato, l’Originale se ne fotte dei miei sogni, è his own man, sogna sempre in proprio e talvolta mi fa venire gli incubi.

Caro Direttore, capisco. E’ la teoria dei giochi. A una botta si risponde con un’altra botta. Dunque alle critiche del Mattinale, che dirigo, la replica è nelle cose. Ma appunto: cose. Chiedo cose, non menate offensive e su commissione. Quello praticato da Merlo junior, anzi minor, sulla tua prima pagina di ieri, è una sputazza sicula appena appena tornita secondo il premiato stile rococò di casa Merlo. Che fa Salvatore Merlo? Mi tiene fermo con le mani, dopo avermi ritagliato come una fotografia, prescindendo dal resto della mia presenza da Floris, nel momento della mia dichiarata simpatia data alla piazza rispetto alla Leopolda, e mi sbatacchia per farmi passare per una particella subatomica che rimbalza follemente qua e là. Va bene. La tradizione di cui sei figlio contempla la categoria dell’insulto togliattiano, quello dei “pidocchi nella criniera di un nobile cavallo da corsa”, per cui mi è ancora andata bene, meglio neutrone che parassita. Ma a questo siete ridotti?

 

La mia critica alle posizioni del Foglio è politica. Riconosco la dignità delle tue scelte. Riflettono una logica filosofica, e si collocano in una tradizione appunto nobile come la amata criniera antica da cui vuoi espungere i pidocchi. In continuità con la tua posizione amendoliana segnalo una evoluzione importante. Dal Marx, per cui la storia è giustiziera, sei passato a quella del marxismo crociano. O del crocianesimo marxista, per cui la storia è giustificatrice. Siccome la storia è un cammino di libertà, e tu sei per la libertà, ti adegui.

 

Nel Marx che prediligo, la dialettica delle forze produttive spinge la realtà a superarsi attraverso la violenza, trovando nuovi equilibri, ma sempre protesa oltre. La socialdemocrazia (non quella leninista) ha sostituito alla violenza il metodo democratico e del confronto sociale. In Berlusconi io ho visto (l’ho visto perché c’era e c’è) quel medesimo spirito riformatore, folle, incapace di pensare alla propria convenienza personale. Rivoluzione liberale in ossimorica convergenza con il moderatismo. Capacità di sintesi sempre nuova di tradizioni e interessi, ideali e culture, che il golpe del 1992-1993 voleva far sparire sottomettendo l’Italia al partito comunista-giudiziario-finanziario eccetera.

 

In quel momento ti ho riconosciuto, caro Giuliano, nella tua potenza intellettuale. Progressivamente hai affinato una posizione che trasmetti mirabilmente nelle pagine del Foglio. Ed è questa: il tuo giornale è il più libero del mondo. Davvero. Ci scrive il fascista e il progressista, il comunista, il cattolico tradizionalista, il garantista. Il tuo modo di offrire mele avvelenate ai serpenti a sonagli del politically correct è di far scrivere sulle tue pagine articolesse addirittura “politicamente correttissime”. Vedendo però l’insieme di questo tuo giornale, per me irrinunciabile, si capisce che somiglia perfettamente al tuo disegno hegeliano-sistemico. Fai esibire nel tuo circo ogni genere di bravo o meno bravo acrobata (è capitato anche a me con reciproca soddisfazione, credo, e te ne ringrazio). Ma poi tu attacchi questo sublime carrozzone al treno del Principe pro tempore.

 

Non credo affatto sia opportunismo, anche se le provvidenze dell’editoria sono importanti, e primum vivere, ma ritengo la tua posizione qualcosa di più serio: è proprio il tuo neo marxismo. Intendendo “neo” anche nel senso che viene in mente pensando a Vespa. Io credo infatti abbia un suo fascino. Sistema tutti. Ci sono quaccheri e cannibali nel tuo corteo coi flabelli: il potere è per te meritevole per se stesso di servizio e onore.

 

Sono schematico. Non sono un raffinato cesellatore di frasi pugnalatrici come te. Ma beccati sta coltellata. Non sei marxista, comunista. Sei un hegeliano di destra, in quel gigantesco palazzo che è la storia, c’è il casino di caccia, il bel locale assegnato dallo Spirito della Storia al suo filosofo. A un certo punto per te il Principe ha preso le fatture di Monti, poi quelle di Letta. Infine quelle di Renzi, ma il guaio è che quest’ultimo rischia di durare tanto anche grazie a te. E mi dispiace immaginarti vecchio e canuto esercitarti con la frusta a sistemare i berlusconiani riottosi, a celebrare uno che non gli somiglia neanche un po’ se non nei tuoi sogni, e in quelli che fai balenare purtroppo anche davanti agli occhi dell’Originale.

 

di Renato Brunetta

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[**Video_box_2**]Caro Renato, l’Originale se ne fotte dei miei sogni, è his own man, sogna sempre in proprio e talvolta mi fa venire gli incubi. Sono meno un suo consigliere di quanto non sia un suo seguace. Attento anche ai suoi difetti di comportamento, certo, perché il mio unico principe è la politica. Della quale sono al servizio: Montanelli amò questo giornale ma il Foglio non è montanelliano né scalfariano, si muove come mosca cocchiera di ogni possibile potere, in autonomia gelosa dai “contropoteri” di ogni specie che fanno spesso il bello e il cattivo tempo in Italia e nel sistema mediatico internazionale. Un twittatore pazzo, il mio amico Tony Polito, che sfotto come gufo dichiarandomi un allocco, mi ha fatto un complimento molto speciale, un po’ come fai tu quando citi Togliatti o Hegel o Croce a mio carico e discarico, dicendo che da vent’anni faccio “un giornale all’opposizione dell’opposizione”, tratto Pannelliano dunque eroico o ascetico. Me lo consente la geniale trasgressività dell’Originale. Me lo consente questo paese meraviglioso in cui a un certo punto si è deciso, per quanto ci riguarda, che se uno fa un ente lirico stampato (non dico la Scala di Milano, ma insomma) ha diritto, in cooperativa e senza scopo di lucro, ai sussidi pubblici (sempre calanti e di molto, nonostante il mio vano appoggio ai principi pro tempore). Sull’Originale, su Monti, su Letta e su Renzi abbiamo scritto il massimo delle irriverenze, ma abbiamo aderito al progetto politico sensato, significativo, utile, quando c’era o quando c’è. Non si dava alternativa, visto che il disegno repubblicano dei partiti ce lo misero in manette e schiavettoni, e ogni resistenza fu vana. Ora ce n’è uno a doppia firma, di principe, si chiama patto del Nazareno, e ci va bene così, lo vorremmo veder fiorire senza intralci ideologici o fin troppo pragmatici, fino a che farà il suo tempo: sono coalizioni di interessi e passione contro cordate tra bellimbusti che credono di rappresentare il benecomunismo o l’establishment. Credono, ma noi non la beviamo, in questo senso siamo apoti.

 

Per la parte più personale, e meno gradevole, della tua lettera, ecco qui. Salvatore Merlo ha una sola commissione, che svolge con tratto di lingua e capacità di osservazione molto notevoli: farsi amici i lettori affezionati di questo foglio ermetico ma a suo modo chiaro facendosi nemici nel palazzo politico. Ora ammetterai che è imbarazzante vedere un leader del trasgressivo socialismo italiano, e uomo di studio e di governo nel centrodestra berlusconiano, che si compiace dell’antropologia col cerchietto di una simpatica profia “de sinistra”. Il suo pezzo registrava quell’imbarazzo che, ne sono certo, è anche del Brunetta intelligente che conosco.

 

Per il resto, grazie dei complimenti, e a presto rivederti come apprezzato collaboratore, quando si sarà diradata questa nube tossica che ci divide: noi con i nazareni, costi quel che costi, renda quel che renda, e tu contro, a costo di schierarti con il nostro eterno Contrappasso, la profia che fa la vestale della Cgil di Susanna e la Catonacensora dei due fanciulli divini che provano a governarci.

 

di Giuliano Ferrara