Ministro seduto e sentinelle in piedi, Alfano e gli spaesati del Ncd
Duevirgolaqualcosa per cento sono i voti accreditati al Nuovo centrodestra, e cinquantotto sono i parlamentari da rieleggere. Molti. Troppi. E le cose, chez Alfano, non vanno bene per niente. Il gruppone è famelico: con il duevirgolaqualcosa per cento come si faranno a rieleggere, per esempio, i cinque senatori siciliani?
Roma. Alfano e Sacconi, Alfano e Quagliariello, Alfano e il Nuovo centrodestra. Il ministro seduto e le sentinelle in piedi. Scompare la signora Shalabayeva, e lui dice non so. La polizia picchia gli operai, e lui solidarizza con entrambi. Ribolle di rabbia la periferia romana, e lui non c’è. In compenso ci sono, allerta, i deputati e i senatori del suo Nuovo centrodestra: Maurizio Sacconi, giovedì, ha passato una notte intera a trattare sul Jobs Act, ha minacciato il Pd che “non ha ancora la maggioranza assoluta nelle due Camere”, ma poi ha subìto impotente tutte le modifiche dettate dal Pd medesimo. Dice dunque Antonio Polito, sarcastico su Twitter: “Sull’articolo diciotto Ncd ha misurato la sua forza politica”.
Duevirgolaqualcosa per cento sono i voti accreditati al Nuovo centrodestra, e cinquantotto sono i parlamentari da rieleggere. Molti. Troppi. E le cose, chez Alfano, non vanno bene per niente. Il gruppone è famelico: con il duevirgolaqualcosa per cento come si faranno a rieleggere, per esempio, i cinque – dicasi cinque – senatori siciliani? Antonio D’Alì se n’è già tornato dal Cavaliere, per tempo, e non a caso, malgrado i tentativi di riacciuffarlo per i capelli. Tutti si guardano intorno, con gli occhi dei vitelli incolonnati al mattatoio. La concorrenza è crudele, ci sono quasi più candidati che elettori, specie adesso che il segretario Alfano ha siglato l’alleanza con l’Udc. “Pessima idea”, sussurano nei corridoi. Il listone centristra e neodemocristiano, con l’aggiunta del ceto politico dell’Udc, è infatti diventato un gonfio esercito in grisaglia e cravattone regimental da riportare in Parlamento. Non passa nemmeno dalle porte. Un’impresa impossibile. Dunque volano coltellacci e coltellini, trillano tutti i telefoni, si deve dimagrire, si preparano scialuppe di salvataggio, ciascuno cerca una raccomandazione, una buona parola con il Cavaliere o con Renzi: “Diglielo tu che io sono sempre stato dalla vostra parte”.
La trattativa sul Jobs Act era sembrata ad Alfano&Soci un buono strumento di propaganda: far rifulgere l’animo profondamente “liberista” (diciamo) del partitino. E infatti Sacconi e Nunzia De Girolamo, i due capigruppo, avevano interpretato abbastanza bene il ruolo, tanto che nel microcosmo di Ncd erano tutti pronti a rivendicare con orgoglio il senso d’una riforma “da noi profondamente orientata”. Volevano un riconoscimento pubblico, un vertice di maggioranza con il Pd. In debito d’ossigeno e di voti, tentavano insomma d’intestarsi, almeno un po’, la riforma renziana del lavoro. Ma non è andata così. Tutto il contrario. E’ andata malissimo. Matteo Renzi ha ricevuto Sacconi e De Girolamo per alcuni minuti a Palazzo Chigi, esercitandosi in una efficacissima e stordente supercazzola delle sue, mentre Maria Elena Boschi, con la crudeltà dei suoi trent’anni, li ha poi liquidati: “Stiamo discutendo con tutti i partner della maggioranza. Non servono altri vertici. Basta il lavoro parlamentare”. E ciao. Svenimenti.
Dunque nelle stanze del partitino ormai suonano tutti i campanelli, gli allarmi, si salvi chi può. E come sempre capita nei tentativi scomposti di fuga, ci si accalca verso l’uscita di sicurezza, ci si pesta i piedi, si fa baruffa con effetti ancora più drammatici, talvolta grotteschi. Più il Nuovo centrodestra finisce sullo sfondo delle riforme, più si impaludano i sondaggi, più si fa strada uno scomposto riavvicinamento a Forza Italia, tra gli strepiti di quelli che invece vorrebbero avvicinarsi al Partito democratico. C’è chi tira di qua e chi tira di là. Mentre i più furbi non tirano da nessuna parte, ma si offrono: trattativa singola. Alfano, come sempre, non c’è, non parla, non si capisce, rimane seduto. Eppure il suo Maurizio Lupi, sentinella in piedi, si è rimesso a parlare da tempo con gli ex compagni di partito rimasti ad Arcore, e fa baruffa con Gaetano Quagliariello, con Beatrice Lorenzin e pure con Fabrizio Cicchitto, lui che ha ormai l’aria sorniona e fatalista di quello cui il destino non importa troppo: l’importante è divertirsi finché dura. E dunque, dice Cicchitto, battagliero: “Ci sono evidenti propositi omicidi di Forza Italia nei confronti di Ncd”. Eppure, per la verità, gli intenti omicidi sembrano appartenere più agli elettori in fuga da Ncd che al Cavaliere allegramente Nazareno, così spensieratamente Nazareno da aver accettato una revisione al ribasso delle soglie di sbarramento nella riforma elettorale.
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