Matteo Renzi (foto LaPresse)

Il governo accelera sul Jobs act: nuovo emendamento. Ecco cosa cambia

Redazione

"La volontà di andare avanti nella riforma del mercato del lavoro da parte del governo e del presidente del Consiglio è ferrea", ha detto il ministro dell'Economia Pier Carlo Padoan.

"La volontà di andare avanti nella riforma del mercato del lavoro da parte del governo e del presidente del Consiglio è ferrea". Il ministro dell'Economia Pier Carlo Padoan è stato chiaro oggi intervenendo al workshop di Telecom Italia su Internet. Per accelerare quindi l'entrata in vigore delle norme presenti nel Jobs act il governo presenterà un emendamento in commissione Lavoro alla Camera, frutto di una mediazione tra la maggioranza del Pd e le correnti minoritarie del partito. La proposta di modifica, che sarà votata domani per concedere del tempo per presentare i sub-emendamenti, prevede infatti che la legge delega e i relativi decreti attuativi entrino in vigore il giorno dopo la pubblicazione in Gazzetta Ufficiale e non 15 giorni dopo come di norma.

 

Il nuovo emendamento del governo non dispiace neppure al Nuovo centro destra. Dopo lo stop alle trattative di Angelino Alfano ieri, il ministro degli Interni quest'oggi sembra aver riaperto la porta al dialogo e a un accordo: "Siamo vicinissimi ad un accordo con il Pd sul lavoro. Ho sentito il senatore Sacconi - ha detto - e credo che ci siamo".

 

Stamattina intanto la commissione Lavoro ha approvato commi 5 e 6 del Jobs act, quelli che riguardano tra le altre cose la semplificazione delle procedure per l’assunzione. L’obiettivo è di chiudere l’esame in Commissione giovedì 20 e approdare in Aula il 21, con voto finale previsto il 26 novembre, come stabilito alla Camera con 95 voti di differenza.

 

Ecco cosa cambierà nel testo che il Parlamento dovrà votare:
 

 

Ammortizzatori sociali  - Il nuovo emendamento del governo prevederà "una rete più estesa di tutele", sia per i precari che per i disoccupati. Per permettere ciò però sarebbero necessarie risorse aggiuntive rispetto a quelle inserite nella legge di stabilità.
 

 

Contratti atipici - Verranno ridotte le "forme contrattuali esistenti". Sicuramente, come la delega lascia intendere, salterà quella del co.co.pro. 

 

Nessuna reintegra - Un lavoratore di un’azienda con più di 15 dipendenti licenziato prenderà un’indennità economica dal suo datore di lavoro, non oggetto di trattativa. A quanto ammonterà lo diranno i decreti delegati. La reintegra - obbligata per i licenziamenti "discriminatori" - ci sarà solamente per i licenziamenti disciplinari ingiustificati. 

 

Licenziamenti discriminatori - Maternità, malattia, credo religioso e affini non potranno essere causa di licenziamento da parte del datore di lavoro. Il lavoratore, se ciò accade, dovrà essere immediatamente reintegrato e il datore di lavoro incorrerà in una sanzione.

 

Licenziamenti disciplinari - Sarà consentito - non per tutti i casi di licenziamento disciplinare - al giudice di stabilire se il lavoratore potrà riavere il suo posto, qualora il licenziamento risulti ingiustificato o sproporzionato alla mancanza commessa. Le regole della riforma Fornero ad oggi infatti non danno sempre facoltà a un giudice di giudicare la fondatezza o meno dell’accusa e se la sanzione è proporzionata. In alcuni casi infatti prevalgono infatti le regole stabilite nei contratti collettivi. 

 

Indennizzo economico - In caso di licenziamento ci sarà sempre un’indennità economica.

 

Articolo 18 - Il governo assicura: "Non c’è nessun ritorno mascherato dell’articolo 18". I licenziamenti disciplinari infatti saranno definiti in modo chiaro e in categorie ben divise e selezionate.

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