Sull'altare della pace con l'Iran
Quanto pesano i sacrifici già fatti sui negoziati forsennati per il nucleare. La Casa Bianca vuole rispettare la deadline, o accordo o rottura, ma pesano sul negoziato i più grandi stravolgimenti degli equilibri mondiali degli ultimi anni.
Entro il 24 novembre l’occidente e l’Iran devono accordarsi sul programma nucleare di Teheran – il livello di arricchimento di uranio consentito e le sanzioni addolcite. L’Economist ieri mattina, nel suo nuovo e meraviglioso servizio quotidiano che si chiama “Espresso”, offriva una sintesi precisa: “Un deal onnicomprensivo sembra implausibile, ma una rottura risulterebbe sgradita; la domanda è se ci saranno sufficienti progressi da giustificare un’altra proroga”. La Casa Bianca vuole rispettare la deadline, o accordo o rottura, ma pesano sul negoziato i più grandi stravolgimenti degli equilibri mondiali degli ultimi anni. Sull’altare della normalizzazione dei rapporti con l’Iran sono stati sacrificati uomini e princìpi. Si comincia con la strage dei ragazzi dell’Onda verde a Teheran, nel 2009, quando la Casa Bianca di Obama, in nome della non ingerenza, lasciò che la piazza fosse travolta dalla furia dei bassiji. Si continua con l’appoggio dell’Iran al regime di Assad che ha trasformato la guerra civile siriana in una carneficina (200 mila morti) e in uno scontro feroce tra l’estremismo sciita e quello sunnita. Si finisce con il deteriorarsi dei rapporti tra America e Israele, con quel chiacchiericcio incontrollabile sul disprezzo esistente tra Obama e Netanyahu, che ha travolto i già deboli tentativi di pace con i palestinesi.
Può un accordo coprire con i suoi benefici tali costi? Dal punto di vista umanitario, la risposta è no. Dal punto di vista dell’equilibrio globale, s’attendono i termini del negoziato, con il dubbio che i lavori per la Bomba continueranno, coperti dalle feste iraniane per l’allentamento delle sanzioni.
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