Papa Francesco (foto LaPresse)

Il Papa e l'antisemitismo in armi

Redazione

In nome del dialogo con gli ebrei, Francesco abbracci Israele

Ha fatto bene ieri Papa Francesco, in riferimento alla strage dei quattro rabbini a Gerusalemme, a denunciare gli “episodi inaccettabili di violenza che non risparmiano neanche i luoghi di culto”. Quando era cardinale, in Argentina, Francesco espresse profonda solidarietà alle vittime dell’attentato a Buenos Aires che colpì i centri ebraici e lasciò a terra decine di cadaveri. C’era la mano dell’Iran dietro quel massacro. Oggi Teheran gode dei crampi di Israele e rimpinza le casse del terrorismo. I rabbini uccisi sulla collina di Har Nof e quelli di Buenos Aires sono uguali. Per questo non deve essere timida la chiesa quando l’esistenza di Israele è messa in discussione, assieme al suo diritto all’autodifesa dal terrorismo. Si dovrebbero leggere editoriali sull’Osservatore Romano e comunicati dei missi vaticani alle Nazioni Unite che smascherano questa ipnosi antiebraica che è il terrorismo islamico.

 

Nella sua recente visita in Israele, Francesco ha sostato sotto “il muro” in Cisgiordania, pregando per la sua trasformazione in ponte verso la pace. I terroristi che hanno macellato i quattro rabbini non hanno dovuto valicare alcun muro. Non dovevano fare la coda ai checkpoint. Non avevano bisogno di permessi per entrare nella città santa. Ci vivevano a Gerusalemme, ci lavoravano, ne erano cittadini. Eppure una mattina si sono alzati, hanno imbracciato la mannaia e sono andati a scannare quattro ebrei devoti che pregavano il Dio d’Israele. Non c’era “occupazione” nelle loro vite. Ma tanto odio. Il Papa, in nome di quel dialogo ebraico-cristiano di cui è un orgoglioso rappresentante, dovrebbe alzarsi e denunciarlo per quello che è. Antisemitismo in armi.

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