Ultime occasioni, con l'Iran e con Assad
A due giorni dalla scadenza, i negoziati tra potenze occidentali e Iran sul programma atomico militare sono lontanissimi dal traguardo immaginato. A questo punto, senza un’estensione degli incontri o senza una soluzione magica all’ultimo secondo, l’accordo non ci sarà.
A due giorni dalla scadenza, i negoziati tra potenze occidentali e Iran sul programma atomico militare sono lontanissimi dal traguardo immaginato. A questo punto, senza un’estensione degli incontri o senza una soluzione magica all’ultimo secondo, l’accordo non ci sarà, un pezzo enorme della politica estera dell’occidente in medio oriente finirà nella discarica delle cose irrilevanti e si aprirà una nuova fase di buio totale (se non trattano, allora che faranno? Faranno partire una guerra? Aspetteranno?).
Mercoledì prossimo il ministro degli Esteri siriano, Walid al Moallem, sarà a Mosca per aprire la strada al presidente Bashar el Assad, che incontrerà Putin entro due settimane. Per la prima volta dall’inizio della crisi Assad viaggerà all’esterno della Siria (da mesi non mette il naso fuori dalla capitale Damasco). Il presidente russo vuole fargli accettare un governo di transizione, con un po’ di opposizione dentro, come annunciato di recente? Mai come adesso, tutti i pezzi del puzzle – Iran, Siria, e anche Iraq e questione palestinese – sono sospesi in aria, un attimo prima di cadere, così vicini a trovare il loro posto oppure così vicini a sparpagliarsi in un caos incomponibile.
In tutto questo, Mosca è indispensabile. In Iran sta facendo una proposta interessante (fornire sotto sorveglianza il combustibile nucleare a Teheran, che così non avrebbe più la scusa per provare a produrlo), in Siria è considerata l’unico interlocutore possibile. Non è un caso. Il presidente Putin ha capito che le crisi rendono il suo ruolo essenziale e lo trasformano in un gigante. Soltanto finché durano, ma stanno durando tanto.
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