Un'immagine di una manifestazione di protesta a New York (foto LaPresse)

A Ferguson continuano le proteste e le violenze. Darren Wilson: "Ho la coscienza a posto"

Redazione

Manifestazioni (pacifiche) in altre 170 città americane.

"So di aver fatto il mio lavoro nella maniera giusta". Darren Wilson, il poliziotto bianco che ad agosto scorso uccise a Ferguson, in Missouri (Stati Uniti), il 18enne di colore Michael Brown, ha "la coscienza pulita" e non ha intenzione di chiedere scusa per quanto accaduto, ma nemmeno di infiammare gli animi di chi protesta. "Spero che la situazione si plachi, non ho ucciso per volere, ma per dovere", ha detto in un'intervista all'Abc News, assicurando che l'incontro con Brown si sarebbe svolto nella stessa maniera anche se il ragazzo fosse stato bianco.

 

Intanto dopo la decisione del gran giurì di non incriminare l'agente, per la seconda notte consecutiva le strade di Ferguson si sono riempite di persone che chiedevano giustizia. Ci sono stati ancora scontri e tafferugli, alcune auto sono state date alle fiamme e c'è stato un nuovo lancio di bottiglie contro la polizia, che come ieri ha risposto con un fitto lancio di lacrimogeni.

 

A protestare però non è stata solo Ferguson, ma in oltre 170 città americane migliaia di persone sono scese in strada per protestare contro le violenze della polizia e come segno di solidarietà alla famiglia di Michael Brown. Disagi per il traffico, ma nessuno scontro.

 

Il presidente americano Barack Obama, durante un discorso in serata a Chicago, ha rinnovato il suo appello alla calma, sottolineando come non ci siano giustificazioni per "dare fuoco ad edifici, bruciare auto, distruggere proprietà". Il presidente ha aggiunto che non bisogne sottovalutare "le frustrazioni rese palesi da questo incidente poiché hanno radici profonde in molte comunità".

 

[**Video_box_2**]Nuovi elementi sono usciti ieri su Darren Wilson: 28enne lavorava per la polizia di Ferguson da meno di tre anni quando avvenne la sparatoria e ha riferito  che fu la prima volta che sparò la sua arma in servizio. L'agente ha smentito che Brown tenesse le mani in alto quando fu colpito, come affermato da alcuni testimoni.

 

"Questo è inesatto", ha affermato. Il poliziotto ha assicurato che non avrebbe potuto fare nulla in una maniera diversa per prevenire la morte del ragazzo e ha spiegato di aver pensato che fosse il suo dovere inseguire Brown dopo che il giovane lo aveva affrontato nell'auto della polizia.