Luci spente a Berlino
Il disastro “energiewende” e la sete di carbone (e atomo) tedesca
Il ministero dell’Ambiente ha invitato il popolo tedesco a “farlo al buio per non sprecare energia, il mondo ringrazia”. Lo spot ambientalista a sfondo osé – la giovane protagonista rientra in casa, accende la luce e sorprende i genitori mentre fanno sesso in salotto – ha suscitato periture polemiche sul web ma conferma quanto l’austerità faccia parte del bagaglio culturale tedesco e soprattutto rivela che una nuova fobia alligna tra l’establishment di Berlino: la penuria energetica. L’osannato paradigma della energiewende – la strategia con cui la Germania intende affermare la propria leadership nelle energie rinnovabili – è stato un disastro sia sotto il profilo economico (miliardi persi, aumento dei costi in bolletta) sia ecologico (le emissioni sono tornate a salire, il consumo di carbone è arrivato ai livelli del 1990).
Coi chiari di luna russi ogni fonte fossile è imprescindibile per la prima economia europea, al punto che il ministro dell’Economia, Sigmar Gabriel, ha pregato la compagnia di stato svedese Vattenfall di non abbandonare le miniere e le centrali elettriche a carbone nel nord est della Germania: avrebbe “serie conseguenze” per il nostro approvvigionamento energetico, dice Gabriel. Tuttavia Vattenfall è irremovibile, sta già cercando un possibile compratore per i suoi asset e non tornerà indietro: “Abbiamo una chiara strategia di riduzione delle emissioni di CO2 e vogliamo aumentare il peso del business delle rinnovabili nel nostro portafoglio investimenti”. Purtroppo per i maestri tedeschi la energiewende ha fatto scuola. Non c’è dunque da stupirsi se in Cancelleria non si esclude il ritorno al nucleare. Intanto meglio spegnere la luce.
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