Allergia, allergia per piccina che tu sia

Tra intolleranti, celiaci e allergici alimentari compulsivi saremmo insomma un venti milioni di italiani. Fosse vero, e non un’esagerazione da società dello spavento e della medicalizzazione preventiva, il popolo di pastasciuttari e navigatori si sarebbe già estinto da un millennio. Ma dal 13 dicembre la solita illiberale, grottesca e depressiva (pure dei consumi) direttiva dell’Ue imporrà ai ristoranti di specificare in menù la presenza di quattordici ingredienti (il numero avrà valenza simbolica, o l’hanno scelto a capocchia?) che potrebbero generare allergie e disturbi. Altrimenti tocca assumere un “addetto agli allergenici” che, come nel tempo felice il maître per la carta dei vini, vi spiegherà in piedi di fianco al tavolo i rischi letali della vostra spaghettata alle vongole. Stessa trafila ospedalizzante per tutti i punti vendita di alimentari, dal super-store al bio-pizzicagnolo. Ma non dite subito: “La solita nonna europea”.

Negli Stati Uniti l’onnipotente Food and Drug Administration ha stabilito che pure sui popcorn al cinema – l’ultimo rifugio felice dell’immaginario popolare, bandito per sempre il tabacco – dovranno esibire come una lettera scarlatta il numero delle calorie che si stanno per ingurgitare. La gogna calorica calerà pure sulle catene dei fast food e sui delivery di pizza e affini. Non date nemmeno tutta la colpa al famigerato “Obama administration’s one-size-fits-all approach”. Il salutismo è perversione universale e l’allergia la nuova strega da cacciare. Ma noi drughi libertari ed enogastronomicamente scorretti continueremo a bere il nostro Lattepiù con tutti gli additivi del caso e del gusto: miele e cognac, quali allergie faranno mai venire?