Bando al mezzogiorno piagnone
L’infornata meschina di precari siciliani fa torto al sud produttivo.
Non c’è rottamazione o revisione della spesa pubblica che tenga. In Sicilia il dipendente della Pa è speciale come lo Statuto regionale, più speciale dell’ordinario funzionario statale. Nella legge di stabilità sedici onorevoli siculi del Pd e uno del Pdl hanno promosso (e si sono visti approvare) un emendamento che autorizza a prolungare per il 2015 – senza concorso – i contratti a termine nelle regioni a Statuto speciale. Contratti che andavano censiti ed estinti entro il 2013, poi entro il 2014 (grazie a un emendamento nella manovra dello scorso anno) e ora appunto entro il 2015. Per “regioni” s’intende Sicilia, per “precari” s’intendono gli oltre 20 mila dipendenti del governatore Rosario Crocetta. I dipendenti privati possono essere licenziati per motivi economici, quelli pubblici sono riassunti per via politica. Si auspica una modifica dell’emendamento anche per non dare ragione a chi, soprattutto al sud, piagnucola e propone una lettura catastrofica del mezzogiorno, indolente e spazzato dalla desertificazione industriale, quando la realtà è migliore. Anni di crisi hanno indebolito il tessuto manifatturiero ma pochi ricordano – lo fa l’economista Marco Fortis, consigliere dell’esecutivo per la Politica industriale, nel saggio “L’economia reale nel mezzogiorno” (il Mulino) – che solo quattro anni fa il valore aggiunto prodotto dalle industrie era di 28,8 miliardi di euro: più di intere nazioni come Finlandia, Danimarca, Portogallo. Quel bagaglio non è perso. Il premier Matteo Renzi ieri ha visitato Catania (ovvero Ict), Avellino (automotive), Reggio Calabria (trasporti). “C’è un mezzogiorno che ha voglia di non rassegnarsi”, ha detto. Non c’è tempo da perdere. Basta pigrizie, inefficienze e resistenze passatiste.
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