Bordelli di minoranza
L’alternativa al Nazareno non c’è a sinistra né a destra, è solo cabaret.
Il patto del Nazareno giganteggia nel segno del common sense: un perimetro preciso e benedetto da Giorgio Napolitano, una prospettiva di legislatura, un orizzonte di riforme condivise tra centrodestra e centrosinistra. Certo, potrebbe anche non funzionare, potrebbe andare male, si può sostenere che la logica delle larghe intese indebolisca il principio di alternanza. Va bene. Ma qual è l’alternativa, cari oppositori del Nazareno? O meglio: c’è un’altenativa? Viene forse proposta da qualcuno un’idea diversa e credibile? La risposta è no. E infatti tutt’intorno al patto tra Silvio Berlusconi e Matteo Renzi, all’esterno, ribolle una strana melassa malmostosa, c’è un’insalata scompagnata d’ingredienti che mai si sarebbero immaginati tutti insieme nello stesso piatto.
E dunque ecco i centri sociali e Pippo Civati, l’ossidata Rosy Bindi e Nichi Vendola, incredibilmente tutti solidali, uniti, pur non avendo nulla in comune tra loro se non l’idea pervicace d’opporsi al patto malefico e la voglia di fare casino. A sinistra come a destra, dove Raffaele Fitto, giovedì, ha riunito attorno a sé un pentolone di ceto politico – ci perdoni Fitto – un po’ stantio e raccogliticcio: Adolfo Urso, Andrea Ronchi, il simpatico Storace. Quattro foglie cadute di Alleanza nazionale, un pizzico di reduci della marcia finiana (già da tempo condannati all’irrilevanza, e per volontà insindacabile del popolo elettore). Insomma sia a destra sia a sinistra del Nazareno s’avverte il tumulto di questi manipoli rattoppati. E’ vero: il dissenso è il companatico della democrazia liberale. Ma fare bordello tanto per fare bordello, così, un po’ a casaccio e con chi capita, più che a Tocqueville rimanda a Pippo Franco.
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