E' chiaro, la teoria del gender l'hanno inventata i Monty Python
Beatriz Preciado dice che la differenza sessuale è “oppressiva”, come in un film del gruppo comico inglese. Solo che loro facevano satira, mentre la filosofa spagnola fa sul serio.
Roma. Dopo aver letto su Libération il veemente intervento (titolo: “Il coraggio di essere se stessi”, pronunciato in occasione di un convegno) della filosofa spagnola Beatriz Preciado, abbiamo finalmente individuato una delle fondamentali fonti della teoria del gender: i Monty Python, gruppo comico britannico. Solo che loro facevano satira, mentre Preciado – nata nel 1970, allieva di Jacques Derrida, direttrice del Programma di studi indipendenti del Museo di Arte contemporanea di Barcellona e tra i massimi teorici dell’inesistenza della differenza sessuale – fa sul serio.
Ma andiamo con ordine. Per dirla con le stesse parole della filosofa, “il sesso e la sessualità non sono proprietà essenziali del soggetto ma il prodotto di diverse tecnologie sociali e discorsive, di pratiche politiche di gestione della verità e della vita”. La libertà di Preciado, per dirne una, è costantemente negata dal fatto che la gente si rifiuta di chiamarla “con un nome maschile”, o di accordare il suo nome “con aggettivi non femminili, semplicemente perché non ho né i documenti ufficiali necessari né la barba”. Semplicemente perché è una donna, pensate voi? Sbagliate. Chiunque pensi ancora che esistono maschi e femmine è come chi, prima della rivoluzione copernicana, credeva che fosse il Sole a girare intorno alla Terra, tuona Preciado. Purtroppo, “nel nostro regime politico-sessuale, nel capitalismo farmacopornografico regnante (qualsiasi cosa esso significhi, ndr), negare la differenza sessuale è come se nel Medioevo si fosse negata l’incarnazione di Cristo”, oppure, “nel XV secolo, si fosse sputato in faccia al re” (anche oggi, peraltro, la cosa non sarebbe senza conseguenze. Ma non sottilizziamo). Insomma, bisognerà farsene tutti una ragione: “Non esistono sessi e sessualità ma usi del corpo riconosciuti come naturali o disapprovati in quanto devianti. E non vale la pena giocare la vostra ultima carta trascendentale, cioè la maternità come differenza essenziale. La maternità non è che uno dei possibili usi del corpo tra gli altri e non è una garanzia né di differenza sessuale né di femminilità”.
[**Video_box_2**]E arriviamo così ai Monty Python, che quella faccenda della maternità come “carta trascendentale”, per non parlare del nome e degli aggettivi finalmente emancipati dal sesso anagrafico, l’avevano capita molto prima di Preciado. Lo dimostra una sequenza di “Brian di Nazareth”, il loro film del 1979 ambientato in una delirante Palestina ai tempi di Gesù (Brian è un suo contemporaneo che finisce per essere crocifisso per sbaglio: come è facile intuire, siamo molto lontani dalla morale cristiana e molto vicini alla blasfemia). Quella sequenza, vista oggi, assomiglia sorprendentemente alla conferenza di Beatriz Preciado.
Stan, uno dei protagonisti, che come Brian appartiene all’organizzazione anti imperialista Fronte Popolare di Giudea, dice all’improvviso ai suoi compagni che vuole essere donna, che vuole essere chiamata Loretta (“è un mio diritto di uomo!”) e che vuole avere dei bambini. “Non mi opprimere!”, risponde all’amico che gli dice che non può averli perché non ha l’utero (“dove si dovrebbe sviluppare il feto, vuoi tenerlo in un barattolo?”). Ma poi, discutendo, i congiurati del Fronte Popolare di Giudea capiscono che si può lottare per il diritto di Stan/Loretta a fare dei bambini, perché “simbolicamente parlando è la nostra lotta contro l’oppressione”. Neanche Preciado avrebbe potuto dirlo meglio.
Il Foglio sportivo - in corpore sano