Commissariare Roma, ma de che?
Il ministro dell’Interno, Angelino Alfano, ha chiesto formalmente al prefetto di Roma di verificare l’esistenza dei presupposti per poter chiedere al governo il commissariamento del comune. Alcuni giorni fa, Pietro Grasso aveva detto che per sciogliere il comune di Roma “ci vuole ben altro”.
Il ministro dell’Interno, Angelino Alfano, ha chiesto formalmente al prefetto di Roma di verificare l’esistenza dei presupposti per poter chiedere al governo il commissariamento del comune. Alcuni giorni fa, Pietro Grasso, che prima di essere presidente del Senato è stato il capo dell’Antimafia in Italia, aveva detto che per sciogliere il comune di Roma “ci vuole ben altro”. E insomma anche Grasso dev’essersi accorto che si tratta di un’associazione a delinquere all’amatriciana composta di ladri, millantatori, politicanti, funzionari corrotti e cialtroni vari trasformati in “mafia” da un suggestivo romanzismo criminale a mezzo stampa, e da un pool di magistrati che hanno puntato il cannone del 416 bis contro un volgare piatto di trippa alla romana. L’ipotesi dello scioglimento, ridicola, è sfumata. Bene. Anche al grottesco – notizia – c’è un limite. Ma una classe politica vagolante e un ministro dell’Interno furbetto sono adesso comunque disposti ad accontentare la sceneggiatura del thriller mafioso con un commissariamento del comune. Ma su quali basi, di grazia? Siate seri, se potete.
La domanda è sempre la stessa: la mafia a Roma dov’è? Dove sono gli omicidi, dove le affiliazioni (ah, certo, dimenticavamo: è un “sistema criminale”, “originale”, dunque guarda un po’ “senza affiliazione”), dov’è il controllo militare del territorio, dove sono i grandi affari? In Italia abbiamo una certa esperienza di mafia. Questo è il paese che ha avuto il sindaco mafioso di Palermo, Vito Ciancimino. La mafia, quella vera, aveva anticipato la moderna epoca della disintermediazione: era direttamente a capo del comune. Omicidi e urbanistica, colate di cemento e cadaveri. L’Italia è il paese in cui nel 2012 è stata commissariata Reggio Calabria, una città dove si spara ed esplodono bombe. L’ultima volta il 3 maggio scorso: in un solo giorno l’omicidio di un pregiudicato e poi l’esplosione di un ordigno nel centro storico. Altro che il business terziario di Buzzi e l’epopea di Carminati “er Cecato”, con il loro benzinaio di corso Francia e il baretto cafonal. Roma pullula come tutte le grandi città di associazioni per delinquere. Trasformarle in “mafia” era già una bufala, commissariare poi il Campidoglio per accontentare il senso comune deviato dal romanzismo criminale, questo sì che sarebbe davvero criminale.
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