Slitta la frizione giustizialista
Il nuovo protagonismo dei giudici dopo la bolla “Mafia Capitale”. Ma non può dirsi mafia muovere bustarelle e occuparsi delle primarie del Partito democratico, a fronte di un giro d’affari romano che, per la sola Metro C, vale cinque miliardi.
Ora che nel gran fascicolo su “er Cecato”, “Diabolik”, “Spezzapollici” e “Marione” entra un altro classico delle mandrakate, cioè le false fatturazioni di gasolio, a Mafia Capitale non manca più nulla: per il circo mediatico sono assicurate settimane di intercettazioni atte a collegare tutti i misteri nazionali (“E Carminati parlava di Ustica”); all’opinione pubblica forgiata dal Giornalista Unico in base alle dritte del Procuratore Unico, l’idea che unico sia pure il magna magna nel quale tutto si tiene. Si tiene che perfino il premier Matteo Renzi si pieghi al pacchetto anticorruzione, un altro evergreen, che rimette nelle mani della magistratura gli strumenti che si dovevano ricondurre alla responsabilità della politica e dell’amministrazione.
Superprocuratori, supercommissari, giudici al posto degli assessori, prefetti al posto dei sindaci, misure emergenziali (“colpiremo gli eredi!”), come ovvio già criticate dai magistrati stessi, quando già c’erano lo zar anticorruzione e l’assessore capitolino alla Trasparenza: il tutto per giustificare l’assioma di un Cupolone mafioso che fa rivoltare nelle tombe le vittime della mafia vera, che uccideva e metteva bombe dalla latitanza, mentre questi si scambiano sms dai Parioli e Ponte Milvio. Insistiamo: non può dirsi mafia muovere bustarelle e occuparsi delle primarie del Partito democratico, a fronte di un giro d’affari romano che, per la sola Metro C, vale cinque miliardi. Il tutto per evitare di mettere le mani là dove si dovrebbe, cioè privatizzare le municipalizzate, sostituire sindaci e funzionari inetti – negli Stati Uniti si lasciano fallire Detroit e il Missouri – e piantarla con l’eterna favola dell’emergenza.
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