Il premier russo Dmitry Medvedev presiede la riunione governativa di ieri per trovare soluzioni alla crisi del rublo (foto AP)

Non bastano nemmeno le misure disperate a salvare il rublo

Redazione

“Dobbiamo imparare a vivere in una nuova realtà”, ha detto ieri la presidente della Banca centrale russa Elvira Nabiullina, mentre il rublo crollava verso i suoi minimi storici.

Roma. “Dobbiamo imparare a vivere in una nuova realtà”, ha detto ieri la presidente della Banca centrale russa Elvira Nabiullina, mentre il rublo crollava verso i suoi minimi storici, e in Russia si iniziava a temere che la “nuova realtà” sarebbe stata tragicamente simile al default del 1998. Poche ore prima, nella notte tra lunedì e martedì, intorno all’una del mattino  la Banca centrale di Mosca ha annunciato un innalzamento clamoroso dei tassi di interesse, dal 10,5 al 17 per cento, nel tentativo di frenare il collasso della valuta. Secondo il Moscow Times, dopo una riunione burrascosa nella serata di lunedì, l’Audi nera di Nabiullina è stata vista rientrare nel quartier generale della Banca centrale alle 23 e 30, con pronta la firma definitiva per l’aumento dei tassi e l’autorizzazione del Cremlino – segno che il presidente Vladimir Putin è ovviamente coinvolto nell’operazione, anche se ieri il Cremlino ha detto che le decisioni di politica monetaria della Banca centrale sono indipendenti.

 

Sulla carta, un aumento così cospicuo dei tassi di interesse (il sesto quest’anno) è una manovra pensata per dare uno choc positivo alla valuta, che lunedì era scesa a circa 63 rubli per un dollaro. Ma il timing dell’operazione, la decisione presa e annunciata nella notte, mostrano che la mossa era dettata soprattutto dalla disperazione. E la disperazione di Nabiullina e della Banca centrale russa è riuscita a dare al rublo niente più che due ore di sollievo. Ieri, all’apertura dei mercati, il rublo ha guadagnato il 9 per cento, per poi crollare ancora, questa volta a livelli mai visti dal default del 1998, a circa 80 rubli per un dollaro – un calo del 20 per cento in appena una giornata, del 60 per cento dall’inizio dell’anno – per poi assestarsi. Il crollo del rublo è speculare al crollo del prezzo del petrolio, che insieme al gas fa il 67 per cento delle esportazioni russe e il 50 per cento dei ricavi del governo. Da giugno il prezzo del petrolio è sceso di quasi il 50 per cento, sotto ai 60 dollari al barile. Questo soffoca l’economia russa e intacca le riserve di valuta straniera della Banca centrale, che quest’anno ha già usato più di 80 miliardi di dollari per cercare di frenare il crollo del rublo. Il prezzo del petrolio è un problema per tutti i paesi che dipendono dall’energia, ma la situazione russa è aggravata dalle sanzioni economiche imposte da Europa e America (ieri la Casa Bianca ne ha annunciate di nuove) dopo la crisi ucraina, che hanno ristretto l’accesso a prestiti e finanziamenti occidentali e provocato una fuga di capitali stimata di 100 miliardi di dollari.

 

[**Video_box_2**]Così sembra che l’unico a non accorgersi della “nuova realtà” di cui ha parlato ieri Nabiullina sia il solo Putin, che ha da poco firmato una finanziaria che presuppone un prezzo del petrolio a 95 dollari al barile e si muove sullo scenario internazionale come se l’economia russa non fosse sull’orlo del baratro. Putin ha speso gran parte del suo capitale politico in una strategia espansionistica che ha riportato la Russia a parlare da pari con i grandi del mondo, ha sfidato l’occidente e ha aggredito l’Ucraina, ma per farlo ha corso grossi rischi. Con il prezzo del petrolio a questi livelli, le sanzioni e l’isolamento internazionale, ora la scommessa putiniana non è più sostenibile. Putin non può permettersi una politica da grande potenza, ma non può nemmeno permettersi di rinunciarvi, e ora i mercati temono che il presidente darà un altro colpo alla credibilità della Russia e applicherà misure per ridurre le libere contrattazioni. I russi ancora premiano le politiche muscolari di Putin, la sua popolarità è alta, ma la Banca centrale stima che l’inflazione salirà al 10 per cento alla fine di quest’anno, e che se il petrolio rimane sui 60 dollari il barile, il pil della Russia potrebbe cadere del 4,7 per cento l’anno prossimo. Da giorni i negozi delle multinazionali aggiornano al rialzo i cartellini dei prezzi, i russi sono corsi nei supermarket per comprare elettrodomestici e beni durevoli e i cambiavalute stanno rimanendo a secco di dollari ed euro.

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