Suggestioni olimpiche

Anziché promuovere una lenzuolata benecomunista contro Mafia Capitale, Matteo Renzi candida Roma alle Olimpiadi 2024, invitando gli imprenditori a fare la loro parte. Per la Lega è “una follia”, per Gribbels “una torta olimpica”, per Pippo Civati (Pd) “le priorità sono altre”. I giornaloni narrano di “favore ai poteri forti”, “scempio del territorio”, “cittadini che non arrivano a fine mese”. E’ la stessa stampa che ogni quattro anni si eccita per il badminton e la carabina in tre posizioni, ed esalta lo skyline di Dubai all’apertura dei monomarca griffati. Eppure Los Angeles 1984, Atlanta 1996, Londra 2012, Lillehammer 1994 e Torino 2006 dimostrano che nei paesi a mercato libero (vale a dire non a Pechino o Sochi) si possono fare Olimpiadi con conti in ordine, grazie agli sponsor e al recupero privato delle infrastrutture.

Mentre Roma 1960 furono i primi Giochi dei grandi investimenti pubblici. Gli stessi che oggi si stracciano le vesti, si mobilitarono contro Atlanta finanziata dalla Coca-Cola e dalla Delta,  scippo “amerikano” e consumista ai danni di Atene (dove si è visto come è finita). Le spese di Torino sono state in gran parte coperte da privati, banche e lotterie; la città ne ha guadagnato la metropolitana, l’interramento del nodo ferroviario, le messa a reddito di ex aree industriali, la galleria d’arte moderna, biblioteche e musei. Certo che gli investimenti vanno verificati sul medio periodo: ma Roma ha splendidi e profittevoli musei privati e aree archeologiche pubbliche spesso chiuse per sciopero, modello Pompei. Senza contare che neppure Renzi mostra di credere tanto al cupolone mafioso: chi farebbe le Olimpiadi a Medellin?