Il senso di Obama per le tasse
Il Congresso americano chiude i lavori per la pausa festiva e a gennaio riaprirà tutto nuovo, espressione delle ultime elezioni di midterm, quelle perse dai democratici. Nell’ultima sessione è stato approvato il pacchetto di tagli delle tasse (temporanei) che nell’ultimo mese aveva fatto litigare non poco repubblicani e democratici.
Il Congresso americano chiude i lavori per la pausa festiva e a gennaio riaprirà tutto nuovo, espressione delle ultime elezioni di midterm, quelle perse dai democratici. Nell’ultima sessione è stato approvato il pacchetto di tagli delle tasse (temporanei) che nell’ultimo mese aveva fatto litigare non poco repubblicani e democratici, ma anche democratici tra loro (i quali litigano con sempre più insistenza: le anime diverse che si erano opportunisticamente riconciliate sotto l’ombra dell’obamismo ora tornano a separarsi in vista del 2016). Le norme temporanee approvate comprendono incentivi fiscali alle aziende, agli individui e al no profit: di solito queste misure vengono rinnovate, pur con qualche modifica, ogni due anni. Questa volta, a un costo di 42 miliardi di dollari, l’estensione è stata confermata per l’anno fiscale corrente (il 2014), ma per il 2015 si dovrà tornare al negoziato. I repubblicani al Congresso volevano rendere permanenti le misure più importanti, con un occhio anche alla riforma fiscale prevista per il prossimo anno. Anche molti democratici condividevano questa visione, più per paura di perdere il controllo dell’estensione il prossimo anno che per reale desiderio di collaborazione con il Gop. Ma al confronto finale tra l’Amministrazione Obama e i repubblicani, il dialogo s’è interrotto e così ci si è accordati sull’estensione per il 2014 solamente: nonostante sia un compromesso al ribasso, l’obiettivo principale è quello di partire da una base condivisa per la riforma del prossimo anno, complessa tecnicamente e politicamente controversa.
Il segnale del Congresso di fine legislatura è comunque positivo e arriva in un momento in cui anche la percezione generale sull’andamento dell’economia va via via migliorando: i pessimisti, secondo il sondaggio Wsj/Nbc, sono il 17 per cento degli intervistati, e soltanto a ottobre erano il 24 . Gli ottimisti sono attorno al 30 per cento, e si aspettano un ritorno alla stabilità entro il 2015 (per la maggior parte, la situazione non cambierà di molto). Il trend dell’occupazione è in crescita, così come la fiducia dei consumatori, che dopo uno stallo a novembre ha ripreso a salire. Le aspettative insomma sono alte, il Congresso taglia le tasse, ma ironia vuole che “change” sia la parola più citata nelle rilevazioni: la gente vuole il cambiamento, ma ora cambiare significa rottamare Obama.
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