Jobs Act a Pompei
Il senatore e giuslavorista Pietro Ichino (Scelta civica) racconta di come fino alla mezzanotte fra il 23 e il 24 dicembre le forze della maggioranza più vicine alle istanze sindacali avevano introdotto nel decreto un comma che escludeva il pubblico impiego dall’applicazione della nuova disciplina sui licenziamenti.
Il governo ha superato diversi tentativi di annacquare il Jobs Act. Il senatore e giuslavorista Pietro Ichino (Scelta civica) racconta di come fino alla mezzanotte fra il 23 e il 24 dicembre le forze della maggioranza più vicine alle istanze sindacali avevano introdotto nel decreto un comma che escludeva il pubblico impiego dall’applicazione della nuova disciplina sui licenziamenti, ampliando ulteriormente il fossato tra i lavoratori del settore privato e gli statali. Le forze riformiste, almeno su questo punto, hanno prevalso e la norma è stata cancellata “in extremis”. E’ senz’altro una buona notizia. La realtà mostra quotidianamente la necessità di interventi radicali per rimuovere le vecchie incrostazioni che ostacolano l’aumento della produttività soprattutto del settore pubblico. Per la prima volta negli ultimi 30 anni gli scavi di Pompei sono rimasti chiusi il giorno di Natale a causa della mancanza di fondi per gli straordinari festivi ai dipendenti. Ironia della sorte: tre giorni prima il ministro Dario Franceschini (quello che chiedeva le dimissioni dell’allora ministro Sandro Bondi proprio per la gestione di Pompei) aveva istituito un “tavolo permanente” con i sindacati per non lasciare mai più i turisti fuori dagli scavi, dato che il mese precedente, causa assemblea sindacale, migliaia di visitatori avevano trovato sbarrati i cancelli di Pompei.
“Un danno incalcolabile per l’immagine dell’Italia”, aveva commentato il ministro e questa volta al danno d’immagine si aggiungerà quello economico che rischia di mettere in ginocchio i tour operator per la pioggia di richieste di risarcimento da chi si è mosso dall’altra faccia del mondo per visitare gli scavi. Il problema non riguarda solo Pompei, anche in Sicilia molti musei sono chiusi nei festivi per gli stessi motivi. La questione allora, più che le risorse, riguarda i contratti dei dipendenti. Altro che straordinari, le aperture nei giorni festivi dovrebbero essere ordinarie. La logica suggerirebbe che l’offerta culturale italiana debba adeguarsi ai flussi turistici piuttosto che i turisti internazionali alle ferie dei custodi. E si dà il caso che i turisti si spostino nei giorni di festa. Le vacanze nei festivi non sono diritti inalienabili e universali, perché si lavora quando è necessario, quando la clientela lo richiede: i barbieri ad esempio si riposano il lunedì, i bagnini lavorano a Ferragosto, i camerieri nel weekend e gli istruttori di sci durante le vacanze di Natale. Così funziona nel settore privato.
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