Il caso della Norman Atlantic dimostra che la nuova tendenza dei clandestini è quella di viaggiare anche su navi mercantili e traghetti (foto LaPresse)

La battaglia navale dei clandestini

Redazione

Migliaia di persone viaggiano illegalmente nel Mediterraneo, e non su gommoni ma su traghetti o mercantili. Rischiando ecatombe e terrorismo.

C’è un traffico irregolare di merci e di uomini sulla rotta Patrasso-Ancona che emerge clamorosamente dai primi particolari del caso Norman Atlantic, il traghetto incendiatosi in mare, tra Puglia e Albania, la notte del 29 dicembre. Sono bastati il maltempo e un paio di incidenti per scoperchiare la realtà di migliaia di persone che viaggiano illegalmente nel Mediterraneo, e non su gommoni o carrette della morte ma su traghetti di linea. O su navi mercantili, come nel caso di Blue Sky: un cargo abbandonato nell’Adriatico con dentro un carico di disperati, pilota automatico programmato per andare dritto in Italia. In entrambi i casi informazioni confuse hanno fatto temere situazioni pericolose o vere ecatombe. Episodi diversi, con gli stessi lati oscuri [1]

 

Per il Norman Atlantic (che avrebbe avuto a bordo 499 passeggeri di cui, al momento, 11 morti e 11 dispersi) la procura di Bari ha iscritto nel registro degli indagati sei persone. Il comandante Argilio Giacomazzo e l’armatore Carlo Visentini, due membri dell’equipaggio (Luigi Iovine, 45enne napoletano, primo ufficiale di coperta e Francesco Romano, 56enne siciliano, responsabile della sicurezza) e due rappresentanti della ditta greca noleggiatrice (il rappresentante legale della società che ha noleggiato la nave, la Anek Lines, e il supercargo Fantakis Pavlos che, per conto dell’Anek, aveva il compito di vigilare sul carico del traghetto). I sei indagati devono rispondere in concorso colposo tra loro di naufragio, omicidio plurimo e lesioni [2].

 

C’erano 250 veicoli sul traghetto e di questi 128 erano mezzi pesanti. E secondo gli inquirenti esistono almeno 18 passeggeri in «overbooking» (oltre il limite prenotabile) e si sospetta che il garage fosse in sovraccarico di tir: il loro ingresso a bordo era regolare? Il bilanciamento dei mezzi era corretto? Il carico dei tir – in molti hanno denunciato un forte odore d’olio vegetale bruciato – era stato verificato? E in tanti cominciano a domandarsi se i clandestini imbarcati sul Norman Atlantic sono sfuggiti ai controlli oppure qualcuno tra la Capitaneria di porto greca, la compagnia marittima e l’equipaggio è coinvolto nel traffico di migranti [3].

 

Bengalesi, afghani e pakistani a cui si aggiungono adesso molti siriani in fuga dalla guerra, scelgono la rotta più lunga, la più pericolosa, la più economica: quella greca. I dati sono significativi: 40mila migranti identificati nel 2013, diventati 72.600 nel 2014. Zancan: «Attraversano la Turchia a piedi fino a Edirne, dove si incrociano i confini di Grecia e Bulgaria. Passano il fiume Evros su canotti da bambini, saltano le reti, strisciano sotto il filo spinato, scavalcano le “barriere anti-immigrazione” costruite negli ultimi tre anni con i soldi dell’Unione Europea, e sbucano dai campi di mais a Nea Vyssa, Grecia settentrionale. Con tutta la roba in un sacchetto di plastica. “Atene?”, domandano. Ma la strada è ancora lunghissima. Camminano altri 900 km in direzione Sud Ovest, per raggiungere i porti greci di Patrasso e Igoumenitsa» [4].

 

A Patrasso le persone in attesa di tentare la sorte verso l’Italia sono rigidamente divise per nazionalità e lasciate a dormire in spiaggia dentro tubi di cemento o in un deposito ferroviario. A Igoumenitsa, invece, i migranti (le stime dicono 5mila) si accampano nei boschi che circondano la città, detta «The Jungle». Così, fra attese estenuanti, soldi offerti e fughe dalla polizia, tentano di saltare le recinzioni, entrare nei porti e infilare sul camion giusto. La destinazione finale non è l’Italia ma il Nord Europa: Germania, Olanda, Svezia [5].

 

[**Video_box_2**]I numeri del Viminale dicono che gli immigrati irregolari intercettati dalle forze dell’ordine italiane sulla tratta Patrasso-Ancona sono stati 1.809 (172 minori) nel 2012 e 1.317 (178 minori) nel 2013 [5]. Ecco perché non bisogna stupirsi delle parole del procuratore capo di Bari, Giuseppe Volpe: «È acclarato che la nave trasportasse anche dei clandestini nascosti nelle stive. Temiamo che possano esserci altre vittime». Succede da anni. Dalla Grecia all’Italia. Come da Calais – Francia – all’Inghilterra. Storie che spesso finiscono in una breve di cronaca: 22 dicembre 2014, porto di Venezia: cinque ragazzini afghani all’interno di un camion frigo imbarcato sul traghetto Forza, in servizio per Anek Lines. Non riuscivano neppure a parlare. Li hanno portati in ospedale, quasi morti assiderati [4].

 

I modi per salire su una nave variano in base alla disponibilità economica. Si può viaggiare nascosti in un camion: l’arrivo a destinazione è quasi sicuro, perché il viaggio è organizzato dai trafficanti. O si può tentare di prendere la nave da passeggero, senza documenti e sperando di non essere scoperto. Qualcuno si nasconde anche nei pullman turistici che tornano dalla Grecia, tra i bagagli o tra le ruote. Ma c’è chi insegue un camion, ci si arrampica e si nasconde dentro il vano del carico o sotto a un tir, come Atiq, ragazzo afgano che percorse la stessa tratta in cui si è incendiato il Norman Atlantic quando aveva 16 anni e mezzo: «Sopra il penultimo asse delle ruote posteriori c’è spazio per appendersi. Basta essere magro, ma l’obesità non è diffusa tra chi parte. La cosa importante è non sbagliare asse: l’ultimo vuol dire morire schiacciati alla prima buca o al primo sobbalzo» [5].

 

E c’è un nuovo, folle sistema con cui gli scafisti organizzano i viaggi sulla rotta Turchia-Mar Egeo-Italia. Non più carrette del mare o gommoni, ma vere navi. Sessanta, ottanta metri. Comprano vecchi mercantili  da qualche armatore greco o turco, li riempiono con migliaia di profughi siriani e li lanciano verso le coste italiane. Nessuno al timone, il pilota automatico programmato per andare sempre dritto alla velocità di 10 nodi, senza mai rallentare né virare. E quando entrano nelle acque italiane quello che succede, succede [6].

 

Cargo rugginosi come l’Ezadeen, battente bandiera della Sierra Leone. È stato fatto approdare la notte del 2 gennaio nel porto di Corigliano Calabro dopo l’intervento degli uomini della Capitaneria che si sono calati da un elicottero dell’Aeronautica coi verricelli per riprenderne il controllo. A bordo 450 immigrati, tra cui molte donne e bambini. E nessuno che somigliasse a un timoniere, o avesse idea di come manovrare una nave di quelle dimensioni [7].

 

Lo stesso copione seguito dal Blue Sky, 81 metri per 3.400 tonnellate, intercettato a largo di Corfù e fatto attraccare a Gallipoli il 31 dicembre insieme al suo carico: 793 siriani e afgani. Oppure dal Merkur1, 75 metri di lunghezza per 2.500 tonnellate, abbordato da una motovedetta il 20 dicembre a 110 miglia a est di Pozzallo. Trasportava 800 profughi. Tonacci: «E prima ancora, dal Tiss, 317 migranti, la cui navigazione senza controllo verso la Sicilia è stata frenata dai militari della Marina il 16 ottobre a largo di Capo Passero. Dal 28 settembre (il primo caso, un mercantile senza codice navale, giunto a Crotone con più di 340 clandestini) ad oggi ne sono stati già intercettati e soccorsi 15, di cui 13 dagli italiani e 2 dalle autorità greche. In media ognuno porta 500 migranti, quindi in tutto fanno almeno 7.500 arrivi in poco più di tre mesi» [8].

 

Ogni posto sui mercantili costa dai 5.000 ai 7.000 dollari. I cargo acquistati sono quasi in disarmo, in pessime condizioni, e non costano più di 250.000 dollari. Con un viaggio come quello della Ezadeen si incassano 2 milioni e 250mila dollari, a voler star bassi. Tolto il prezzo della nave, che sarà perduta e finirà sotto sequestro per mesi a ingombrare qualche banchina italiana, nelle tasche degli scafisti rimangono 2 milioni. Tonacci: «Un guadagno così elevato da spingere le organizzazioni (per le quali si ipotizza una regia unica, in Turchia), a uscire allo scoperto. Si fanno pubblicità sui social network, con offerte speciali da villaggio vacanze: se si imbarcano due genitori, il figlio ha il viaggio in omaggio» [8].

 

Le navi partono tutte dal porto turco di Mersin, non lontano dalla frontiera con la Siria. Lungo il confine ci sono campi che accolgono 1,5 milioni di profughi fuggiti dalla guerra e dalle atrocità dell’Is. «Sono medici, ex militari, professionisti – spiegano fonti del Viminale – hanno buone possibilità economiche, quindi possono scegliere i mercantili perché li ritengono più sicuri rispetto ai barconi». Olimpio: «Le tensioni politiche e sociali hanno reso insicuri molti porti. Libia, Egitto, Siria, Turchia possono diventare trampolini di lancio per sorprese marittime. L’identità è solo un nome falso su un documento. Ed è altrettanto facile nascondersi dietro dozzine di immigrati, esibiti sul ponte a fare da esca. Una cosa emerge e dovremmo tenerne conto per il futuro: se un nucleo di terroristi volesse lanciare una sfida dal mare ha compreso che non è una missione impossibile» [1].

 

Note: [1] Guido Olimpio, Corriere della Sera 31/12/2014; [2] Ansa 2/1/2015; [3] Antonio Massari, il Fatto Quotidiano 3/1/2015; [4] Niccolò Zancan, La Stampa 31/12/2014; [5] Stefano Pasta, Corriere della Sera 2/1/2015; [6] Giuseppe Lo Bianco, il Fatto Quotidiano 3/1/2015; [7] Gabriella De Matteis, la Repubblica 3/1/2015; [8] Fabio Tonacci, la Repubblica 3/1/2015.