Alexis Tsipras (foto LaPresse)

Tsipras in versione liberalizzatore

Redazione

Man mano che si avvicinano le elezioni politiche in Grecia e con esse la possibilità di andare al governo, Alexis Tsipras ammorbidisce i toni e cerca delle sponde o quantomeno di rassicurare l’establishment.

Man mano che si avvicinano le elezioni politiche in Grecia e con esse la possibilità di andare al governo, Alexis Tsipras ammorbidisce i toni e cerca delle sponde o quantomeno di rassicurare l’establishment. Certo, al centro della sua proposta c’è sempre la ristrutturazione del debito detenuto dalle istituzioni pubbliche internazionali che hanno salvato la Grecia e le sue banche, ma sono sempre più rare le minacce di uscita dall’euro e le boutade para-grilline su una specie di Norimberga contro i funzionari della Troika. In un libro-intervista, per lo sgomento dei para-keynesiani di casa nostra à la Rodotà, Tsipras elogia il pareggio di bilancio, la regola aurea dell’Europa del rigore, come condizione essenziale per uno sviluppo sostenibile. Alla retorica anti tedesca e anti austerity, il leader di Syriza affianca dichiarazioni che vanno nel senso della responsabilità fiscale e delle riforme strutturali: “Sono previste riforme radicali nella gestione dello stato e della Pubblica amministrazione – ha scritto in un intervento sull’Huffington Post World, ripreso ieri dal Corriere della Sera – perché vogliamo cambiare ciò che ha portato il paese sull’orlo della bancarotta”. Basta con clientelismo, evasione fiscale, spesa pubblica allegra e bilanci costantemente in deficit. Parole che sottoscriverebbero anche i men in black della Troika e non sono le uniche.

 

Negli ultimi giorni Tsipras e i suoi collaboratori più stretti hanno iniziato a martellare sugli “oligarchi” che si sono arricchiti negli anni prima della crisi, grazie alle connivenze e agli appoggi dei partiti finora al governo, Pasok e Nuova democrazia. “Gli oligarchi sono in cima alla nostra agenda”, ha detto ieri al Financial Times George Stathakis, consigliere economico di Tsipras. Fino ad adesso questa casta para imprenditoriale, che controlla gran parte dell’economia greca, si è ingrassata in settori strategici al riparo dalla concorrenza sia interna che straniera e non è stata toccata come il resto della popolazione dalle misure di austerity. Anche su questo punto Syriza e la Troika non la pensano diversamente. Se Tsipras dovesse vincere non farà di certo una rivoluzione liberale, ma non è detto che non dia il suo contributo alla rottamazione di una delle economie meno aperte e meno competitive d’Europa.

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