L'islam vince, il diritto di satira perde
Passato il momento di euforia solidale con Charlie Hebdo, che la settimana prossima conta di uscire in un milione di copie, si comincerà a elaborare la sconfitta: l’islam violento ha vinto contro il diritto di satira. Editori che a malapena pagano gli stipendi non blinderanno redazioni e automobili.
Passato il momento di euforia solidale con Charlie Hebdo, che la settimana prossima conta di uscire in un milione di copie, si comincerà a elaborare la sconfitta: l’islam violento ha vinto contro il diritto di satira. Editori che a malapena pagano gli stipendi non blinderanno redazioni e automobili soltanto per permettersi la pubblicazione di una vignetta blasfema contro l’islam. Le redazioni non accetteranno una vita da pentiti di mafia, sotto scorta, isolati, con le famiglie protette, in cambio della libertà assoluta di espressione. Il rischio di essere ammazzati sul proprio posto di lavoro ora è diventato una concreta possibilità, e non più soltanto per qualche freelance sfortunato catturato al fronte in Siria o in Iraq. Pubblicare le vignette offensive non è un obbligo, anzi, e fior di giornali hanno scelto liberamente di non farlo, ma è verosimile che da domani davanti alla scelta sulla possibile pubblicazione si tenderà a glissare (in ballo non c’è la singola vignetta, che si può stampare o non stampare, ma il principio). Troppo gravi le conseguenze. Il conflitto tra l’ideale e il reale ha questa tendenza a risolversi con durezza definitiva a favore del secondo.
Magari questa resa discreta non comincerà subito, ma prima o poi il polverone sull’aggressione islamista alla libertà di pensiero si poserà e allora l’argomento sarà progressivamente accantonato. Le fucilazioni avranno prodotto il loro effetto. Del resto, come diceva uno dei cattivi maestri del jihad, il predicatore yemenita con passaporto americano Anwar al Awlaki, su certe questioni inerenti all’islam come le offese a Maometto “la polvere non scenderà mai”.
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