Matteo Renzi (foto LaPresse)

Brecce nel muro degli eurodogmi

Redazione

Messaggio ai gufi del grigiore semestrale, qualche fatto da valutare. Il governo di Matteo Renzi può dire di avere usato il “trapano” (mica il “cacciavite” lettiano), e di poter spuntare un’altra tacca dalla famosa lettera di compiti della Banca centrale europea del 2011 che invocava più flessibilità nel mercato del lavoro.

Ci ostiniamo a ripetere che il combinato disposto delle riforme fatte a casa e i risultati, sia simbolici sia concreti, prodotti dalla guida italiana del semestre europeo sono tutto fuorché banali. Alle nostre parole s’aggiungono gli apprezzamenti del vicepresidente della Commissione Ue, il finlandese Jyrki Katainen, che ha elogiato il Jobs Act perché imposta un politica del lavoro equa e rivolta ai giovani. Cosa che peraltro convince una multinazionale come Fiat-Chrysler Automobiles a riprendere le assunzioni al sud. Il governo di Matteo Renzi può dire di avere usato il “trapano” (mica il “cacciavite” lettiano), e di poter spuntare un’altra tacca dalla famosa lettera di compiti della Banca centrale europea del 2011 che invocava più flessibilità nel mercato del lavoro.

 

Si legge di un semestre flop, dunque, ma a ulteriore dispetto dei gufi che attribuiscono al nostro governo un insignificante grigiore, il semestre italiano si chiude con due grossi risultati strutturali per le politiche fiscali e monetarie dell’Ue e una importante svolta nelle strategie internazionali. Con riguardo ai bilanci degli stati membri si è infatti stabilito – è bene ricordarlo – un nesso operativo fra le riforme e un’interpretazione flessibile della regola sul tendenziale pareggio, il che si traduce in una quantificazione del maggior deficit consentito a Francia e Italia, in relazione alle riforme del mercato del lavoro. L’Italia non dovrà fare manovre correttive, rispetto ai conti presentati a Bruxelles, come da più parti s’era ventilato. Per la politica monetaria, vi è un evento epocale. Gli organi giuridici comunitari hanno ritenuto che l’acquisto da parte della Banca centrale europea di titoli del debito pubblico degli stati membri sul mercato secondario, allo scopo di combattere la deflazione, rientri nel perseguimento della stabilità monetaria che il Trattato di Maastricht prescrive per la Bce. Il ministro dell’Economia, Pier Carlo Padoan, in scia all’Istat, confida che la nostra economia avrà il segno più – recessione finita – quest’anno. Ci si muove sui decimali, certo, e per questo anche la crescita tedesca migliore del previsto nel 2014 (1,5 contro 1,2) – al top da tre anni – concede istanti di tepore. La Commissione europea ha inoltre redatto un documento basato sui risultati del vertice di Milano che propone la revoca di gran parte delle sanzioni alla Russia, iniziative comuni in Siria, Iraq e Libia e la collaborazione con l’Unione degli stati euroasiatici. Questi ultimi, va detto, sono propositi sottoposti a molteplici vincoli, sanzioni verso Mosca in primis. Tuttavia i tre risultati sono giunti tutti negli ultimi giorni del semestre, quando sembrava che i messaggi di Renzi sulla necessità di un cambio di marcia in Europa fossero ormai caduti nel vuoto. Dietro ai messaggi, vi era il lavorìo silenzioso degli sherpa. Ride bene chi ride ultimo insomma.