Perché il governo modifica la norma del decreto attuativo "Salva Berlusconi"?

Redazione

Sui quotidiani si legge di una possibile revisione al testo del decreto legislativo della delega fiscale che modifica i reati tributari in particolare l’articolo 19 bis. bollato come norma “salva Berlusconi”. Ecco tutto quello che c'è da sapere.

Sui quotidiani si legge di una possibile revisione al testo del decreto legislativo della delega fiscale che modifica i reati tributari in particolare l’articolo 19 bis. bollato come norma “salva Berlusconi”.

 

Perché il governo modifica la norma del decreto legislativo?

 

Il governo avrebbe l’intenzione di non contemplare la frode fiscale tra i reati tributari non perseguibili penalmente se il contribuente ha evaso una somma inferiore al tre per cento dell’imponibile oppure la stessa soglia dell’Iva rispetto a quanto dichiarato.

La frode fiscale è il reato per cui Berlusconi è stato condannato nell’agosto del 2013 nel processo Mediaset-Media Trade con l’accusa di avere evaso cifre inferiori al tre per cento dell’imponibile aziendale nel 2002 e nel 2013. Berlusconi fu accusato di avere evaso 4,9 milioni su un imponibile di 410 e 2,6 milioni su un imponibile di 312, in entrambi i casi sotto al tre per cento.

Secondo alcune interpretazioni successive all’approvazione del decreto in Consiglio dei ministri – quindi in fase preliminare, poi il testo non è stato inviato alle Camere – una norma siffatta avrebbe restituito anzitempo l’agibilità politica a Silvio Berlusconi neutralizzando gli effetti della legge Severino.

Le polemiche sulla stampa con l'accusa al governo di volere fare passare una "legge ad personam" hanno motivato la revisione. Secondo una tesi, a questa soglia generale bisognerebbe dunque aggiungerne un’altra, che riguarda l’ammontare della somma evasa, quando l’evasione diventa frode fiscale.

Mentre la soglia del 3 per cento favorirebbe Berlusconi, condannato per tale reato con una pena aggiuntiva che comporta l’ineleggibilità in pubblici uffici per sei anni, una clausola sull’ammontare della somma evasa nel caso di frode, per 50-100 mila euro, manterrebbe il suo reato e quindi la sua ineleggibilità.

 

La norma originaria riguardava Berlusconi?

 

Le interpretazioni variano. Sul Corriere della Sera Luigi Ferrarella e Corinna de Cesare, quando il decreto era stato approvato in fase preliminare, scrivevano che  la norma per com’era stata scritta non avrebbe avuto effetti retroattivi e s'interrogavano sulla possibilità che potesse influenzare anche la sentenza definitiva di condanna a carico di Berlusconi.

L’economista, già ministro delle Finanze, Francesco Forte aggiunge poi un’altra criticità partendo dal presupposto che la configurazione di frode fiscale era valida prima della nuova legge delega nella quale si istituisce il reato di abuso di diritto distinguendolo da quello di frode tributaria. "Ora sono due reati differenti e, come risulta dalla sentenza n. 35729 del 1° agosto 2013 della Corte di cassazione, Berlusconi è stato condannato per un abuso di diritto e non per frode fiscale. Nessun correttivo alla norma modificherebbe la situazione del leader di Forza Italia", dice Forte.

 

Ha senso aggiungere una soglia quantitativa a quella percentuale?

 

Lo scopo generale della norma dovrebbe essere evitare di perseguire i contribuenti per piccoli importi, che possono essere frutto di semplici errori di calcolo. Le piccole e medie imprese avevano colto con favore l'iniziativa. Le sanzioni amministrative infatti rimangono e, nel caso dell'evasione, sono raddoppiate.

Francesco Giuliani, avvocato dello studio legale Fantozzi di Roma vede due buone ragioni per non retrocedere del tutto e per mantenere il principio di equità garantito da una soglia percentuale anziché introdurre criteri quantitativi che sarebbero iniqui. “Una soglia così bassa, molto bassa, è evidentemente tesa a evitare una sanzione penale per evasioni di modesta entità relativamente alle dimesioni dell’impresa che dunque potrebbero essere frutto di errori contabili e, in seconda analisi, avrebbe la funzione di deflazionare i contenziosi nei tribunali”. Perché è meglio una soglia percentuale e non un limite quantitativo? “Il legislatore fa una valutazione percentuale che si applica a tutti in base al reddito e all’Iva dichiarati, è un principio di equità. Obiettivamente se parliamo di una grande impresa con un fatturato significativo parliamo di cifre più alte, ma paga anche più tasse”, dice Giuliani.

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