Spese pazze e toghe di bronzo
Che cosa insegna l’archiviazione dell’indagine emiliana su Bonaccini. Che si trattasse di un’indagine strampalata lo si capiva benissimo fin dall’inizio: si avanzavano dubbi su spese dell’ammontare di 4 mila euro avvenute nel corso di un quinquennio il che escludeva oggettivamente il peculato.
Il presidente della giunta dell’Emilia Romagna, Stefano Bonaccini, ha ottenuto l’archiviazione dell’indagine sulle “spese pazze” in cui era stato implicato dalla procura bolognese, che poi però aveva rinunciato a perseguirlo chiedendo essa stessa, in settembre, l’archiviazione. Che si trattasse di un’indagine strampalata lo si capiva benissimo fin dall’inizio: si avanzavano dubbi su spese dell’ammontare di 4 mila euro avvenute nel corso di un quinquennio il che escludeva oggettivamente il peculato. Però l’indagine fu egualmente lanciata e propagandata, come si suol dire, a 360 gradi, mettendo insieme casi meritevoli di approfondimento e situazioni che evidenziavano al massimo lo smarrimento di qualche scontrino. Tutto ciò avveniva alla vigilia delle elezioni regionali, per le quali Bonaccini concorreva, prima nelle primarie e poi nel voto reale, come esponente del partito tradizionalmente maggioritario in Emilia.
L’inchiesta, descritta dalla stampa scandalistica e non solo come una svolta decisiva nella lotta alla corruzione, suscitò un’eco immensa, che portò probabilmente al livello altissimo di astensioni dal voto nelle elezioni regionali, un astensionismo più elevato di quello registrato nello stesso giorno in Calabria, sul quale si scrissero articoli di fuoco e si svolsero analisi catastrofistiche sulla sorte del sistema politico. Per quel che riguardava l’indagato politicamente più rilevante, invece, tutto questo clamore era costruito sul nulla, come si vedeva a occhio nudo, anche in procura. Oggi, ad archiviazione avvenuta, il portavoce della procura ha la faccia di bronzo di sostenere che l’esito della procedura conferma che “la procura ha sempre distinto le diverse posizioni tra gli indagati”. Ma era obbligatorio condurre l’indagine anche nei confronti di persone il cui comportamento non presentava alcun indizio di reato? La risposta sarebbe ovvia, se l’azione della magistratura puntasse all’identificazione dei reati, invece che ad assumere una funzione o almeno una immagine di castigamatti. Sono proprio queste esondazioni propagandistiche, in realtà, una delle cause dell’inefficacia della lotta contro la corruzione, non viceversa.
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