Liberalizzazione a ostacoli
Il piano di Renzi per svincolare la crescita vs. le opposizioni di Palazzo
La bozza di Guidi, il “no” del governo ai micro interventi, il lavorìo ai fianchi delle burocrazie neutre, tra Aifa e Poste
Roma. Pare che Matteo Renzi non ami il termine “lenzuolata”, quando si parla del disegno di legge sulla concorrenza che il ministro dello Sviluppo economico Federica Guidi sta assemblando da settimane e che venerdì dovrebbe finalmente sbarcare in Consiglio dei ministri. Per il premier, quella parola sa troppo di Bersani e della stagione in chiaroscuro dell’Unione prodiana: certo, allora le lenzuolate sdoganarono a sinistra le liberalizzazioni, ma avevano il difetto di essere una somma confusa di piccoli interventi settoriali (i barbieri aperti il lunedì, le ricariche telefoniche gratuite, il quotidiano al supermercato…), non provvedimenti sistemici. Montagne che partorivano topolini, insomma. Renzi cerca un’immagine diversa, quella del castigatore delle grandi corporazioni italiche, e ha chiesto al ministro e ai suoi esperti un testo con pochi ma riconoscibili obiettivi. In primis, avvocati, notai, tassisti, farmacie, Rc Auto, telecomunicazioni e servizi postali. Il premier conosce i rischi cui va incontro: Mario Monti – l’ultimo che ci ha provato – sulle liberalizzazioni perse quell’aura di onnipotenza che gli italiani gli avevano attribuito nei primissimi mesi del suo governo, facendosi smantellare in Parlamento un decreto nato con le migliori intenzioni.
La Guidi ha consegnato al presidente del Consiglio la bozza qualche giorno fa. Si tratta di un documento più tecnico che politico, in linea con le principali segnalazioni e pareri espressi dall’Antitrust negli ultimi anni. Ora spetta al premier decidere quali battaglie intestarsi e a quali volutamente rinunciare per evitare di impantanarsi nel gioco delle mille lobby italiche. Senza contare le (non poche) opposizioni interne al palazzo.
Renzi in queste ore sta spulciando il testo, riflettendo sui possibili effetti politici e mediatici di ogni articolo e valutando la forza dei malpancisti di maggioranza e di governo. Nel Pd, questa volta, il premier dovrebbe trovare un clima favorevole, soprattutto se la comunicazione del provvedimento avrà toni consumeristi e anti corporativi, come nelle intenzioni di Renzi. Spaventa di più il partito trasversale degli avvocati e dei notai, sempre ben nutrito in Parlamento, che vede come fumo negli occhi la liberalizzazione dell’attività stragiudiziale, da qualche anno riservata agli iscritti all’ordine forense, e l’eliminazione dell’obbligo notarile per decine di atti.
[**Video_box_2**]Sperando di cogliere un piccolo spazio di opportunità, il Nuovo centrodestra di Angelino Alfano ha scelto la via stretta della rappresentanza di alcuni dei principali settori “colpiti”. Il ministro della Salute Beatrice Lorenzin si sta battendo da settimane contro l’ipotesi che i farmaci di fascia C (per intenderci, antidolorifici, antinfiammatori o antidepressivi prescritti dal medico ma a totale carico del paziente) siano vendibili anche in parafarmacia o nei corner dei supermercati. Il collega di partito, il ministro dei Trasporti Maurizio Lupi, le dà man forte in materia di porti e aeroporti, puntando sulla sponda di sindaci e amministratori locali.
A ben guardare, comunque, sulle liberalizzazioni la vera fronda per Renzi non sarà quella parlamentare, ma quella più subdola e resistente dei grandi apparati pubblici e parapubblici. Nel canovaccio del Mise è prevista l’eliminazione del monopolio finora riconosciuto a Poste Italiane sulla notifica degli atti giudiziari. La liberalizzazione aprirebbe maggiormente il mercato alla concorrenza privata. Ma i vertici di Poste agitano uno spauracchio: sottrarre un monopolio legale a una società prossima alla privatizzazione significa abbatterne redditività e valore patrimoniale. E siccome Poste è pur sempre la spina dorsale di quel gigante dai piedi d’argilla chiamato Cassa depositi e prestiti (un fondo sovrano alimentato dal risparmio postale), gli argomenti anti liberalizzazione assumono forza.
Sull’ipotesi di parziale liberalizzazione della vendita dei farmaci di fascia C si è mossa addirittura l’Agenzia italiana del farmaco, costola del ministero della Salute: quasi come se fosse un sindacato dei farmacisti, e non invece un pezzo della “neutrale” burocrazia, l’Aifa ha lanciato sul suo sito una campagna di opposizione alla liberalizzazione. Un campanello d’allarme: le migliori rottamazioni rischiano sempre di essere annacquate da esperti mandarini.
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