Burocrati a Roma (peggio degli ultras)
Le improbabili difese di questore e sindaco. Un problema culturale. L’andamento della squallida giornata di violenza urbana subita da Roma giovedì e i commenti, le “spiegazioni” e le repliche del giorno dopo offrono uno spaccato impressionante degli effetti disastrosi della mentalità burocratica.
L’andamento della squallida giornata di violenza urbana subita da Roma giovedì e i commenti, le “spiegazioni” e le repliche del giorno dopo offrono uno spaccato impressionante degli effetti disastrosi della mentalità burocratica dominante nelle alte sfere dell’amministrazione. Scontato il fatto che Roma è Roma, cioè una città unica con la sua configurazione definita da millenni di storia (fatto che, peraltro, non dovrebbe essere una novità per chi la amministra e per chi ha la responsabilità di mantenere l’ordine pubblico), fa impressione che non esista un piano per contenere fenomeni di guerriglia urbana e nemmeno la più prevedibile delle invasioni, quella di tifosi violenti e ubriaconi.
Le penose spiegazioni fornite dal questore, Nicolò D’Angelo, certificano l’impreparazione e non spiegano perché non si sia adottata nemmeno una misura elementare e consueta in casi come questi, come la proibizione di vendita di alcolici all’orda olandese. E invece, fanno leva sullo spirito umanitario con l’asserzione di non voler “fare morti”, come se non esistessero possibilità di azione efficace se non l’impiego delle armi. D’Angelo, d’altra parte, sembrava più preoccupato di difendersi dagli strali del sindaco che di dare conto della sua responsabilità dell’accaduto, il che è tipico dello spirito burocratico. Ignazio Marino, dal canto suo, non è stato da meno. Gettare la colpa solo sugli altri, chiedere dimissioni e promettere risarcimenti impossibili ha il solo scopo di gettare fumo negli occhi. Quando ha detto che i settemila vigili urbani della capitale “hanno altro da fare”, ha dimostrato quanto sia pernicioso lo spirito burocratico dello scarico di responsabilità. Adesso ci spiegheranno che in realtà non c’era niente da fare, magari perché c’è qualche norma o qualche codicillo che impedisce di dare una manganellata in periferia per evitare la concentrazione di facinorosi nel centro e attorno ai monumenti, già ci hanno detto che non si poteva chiudere il centro (perché invece a quanto pare è stato meglio lasciarlo devastare). Non può essere vero, Roma non può essere ancora una volta una “città aperta”, per giunta non per una tragedia bellica colossale ma per una adunata sediziosa di ubriaconi.
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