Il vuoto fuori dal Nazareno
C’è un grande fervore nella stampa nazionale che si interroga quasi angosciosamente su chi possa assumere la leadership di un’area politica che rappresenti l’opposizione da sinistra al Partito democratico. Perché le alternative a Renzi oggi coincidono solo con aree di nostalgia.
C’è un grande fervore nella stampa nazionale che si interroga quasi angosciosamente su chi possa assumere la leadership di un’area politica che rappresenti l’opposizione da sinistra al Partito democratico. Un po’ meno intensivamente, ma viene coltivato anche l’orticello dei pretesi organizzatori di una altrettanto intransigente opposizione che si sviluppi da destra. Naturale che si cerchi di sollecitare la curiosità dei lettori, anche se forse si può dubitare che ci sia tutto questo interesse sulla sorte politica di Maurizio Landini o sulla riesumazione di Gianfranco Fini, collezionisti di sconfitte e di autogol. In una democrazia è importante il ruolo delle opposizioni e questo giustifica in un certo senso questa insistenza mediatica. Però se si discute prevalentemente di leadership forse si mette il carro davanti ai buoi.
Uno spazio politico non residuale nasce soltanto dall’esercizio di una funzione rilevante, e oggi come oggi è difficile capire quale sia la funzione degli epigoni nostrani di Syriza o del Front national, che hanno invece una funzione abbastanza chiara in Grecia e in Francia. Chi riesce a definire questa funzione poi ne assume la leadership, anche se non ha particolari esperienze o titoli politici pregressi: è accaduto così con Silvio Berlusconi, con Romano Prodi e anche con Matteo Renzi. Quello che si può formare al di fuori dell’area del Nazareno, cioè della responsabilità nazionale e della democrazia dell’alternanza, è sostanzialmente la gestione di aree di nostalgia, per le quali, proprio perché esprimono identità e obiettivi di restaurazione (della concertazione o della lira non importa), non serve nemmeno una vera leadership.
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