Fa caldo all'Ipcc
Scandali sessuali e “religione”. Sul clima la scienza non c’entra nulla
Dopo 13 anni di presidenza del panel di esperti pagati dall’Onu per dimostrare l’influenza dell’uomo sul clima, l’Ipcc, l’indiano Rajendra Pachauri si è dovuto dimettere per una storia di messaggini espliciti e indesiderati spediti via email e via sms a una ricercatrice ventinovenne (Pachauri ne ha 74) da poco assunta da un think tank da lui diretto a Nuova Delhi. Pachauri è, assieme all’ex vicepresidente americano Al Gore, il grande manovratore della campagna mediatica e (poco) scientifica che nell’ultimo decennio ha convinto politici e opinione pubblica che il mondo sia in pericolo per colpa del riscaldamento globale causato dalle attività umane. Colpito in questi anni da innumerevoli scandali – dalle email dei climatologi che “aggiustavano” le temperature all’errata previsione sullo scioglimento dei ghiacciai himalayani basata su “studi” compiuti da gruppi ambientalisti militanti – Pachauri è sempre rimasto incollato alla sua sedia.
Lunedì però ha dovuto rassegnare le dimissioni, e lo ha fatto con una lettera che contiene una frase, quella conclusiva, molto indicativa. Dopo avere rigettato le accuse di molestie dando la colpa agli hacker, Pachauri traccia un breve bilancio della sua esperienza alla guida dell’Ipcc. E conclude: “Per me la protezione del Pianeta Terra, la sopravvivenza di tutte le specie e la sostenibilità del nostro ecosistema è più di una missione. E’ la mia religione e il mio dharma”. Come spesso abbiamo scritto su queste pagine, la scienza non c’entra niente. Chi manovra i fili del consenso sul clima lo fa seguendo dogmi e credenze morali. Non stupiamoci se poi tende a zittire chi non la pensa come lui e a prescindere dai dati.
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